Estero. Caos a Teheran. I riformisti vogliono ricordare i morti del 20 giugno scorso. La polizia interviene con i manganelli

 Risale la tensione a Teheran. L’ opposizione avrebbe voluto commemorare le vittime della repressione post – elettorale, ma la polizia ha picchiato con bastoni, manganelli e cinture le persone che si erano raccolte nel cimitero dove sono sepolti Neda Agha – Soltan (nella foto) e altri giovani uccisi nella manifestazioni del 20 giugno.

Numerosi anche gli arresti. Nel cimitero di Behesht – e – zahra, a sud di Teheran, gli agenti si erano raccolti soprattutto attorno alla tomba di Neda, la giovane diventata il simbolo della repressione. Il leader riformista Mir Hossein Mossavi, che aveva preannunciato la sua presenza, è stato costretto ad allontanarsi appena pochi minuti dopo il suo arrivo.

Secondo testimoni locali, Moussavi è riuscito a scendere dall’ auto, accolto dagli slogan festosi dei manifestanti, e a camminare fino alla tomba di Neda, la giovane di cui oggi ricorre il quarantesimo giorno dalla morte. A Moussavi però non è stato permesso di recitare i versi del Corano: è stato immediatamente circondato da agenti in assetto antisommossa che lo hanno ricondotto alla sua auto.

Altre persone che si erano raccolti al cimitero hanno circondato la sua auto, tentando di non farlo andar via. Ma la polizia ha cominciato a spingere gli attivisti e Moussavi è ripartito. Nonostante la polizia avesse bloccato le strade che conducono alla tomba di Neda, una quarantina di manifestanti – tutti con foulard e T – Shirt verdi – il colore distintivo della campagna elettorale di Moussavi – erano riusciti a raccogliersi sul luogo della sepoltura decorata con candele e fiori. I vertici della Repubblica islamica avevano vietato anche la cerimonia commemorativa nel Grande Mossala (luogo di preghiera) della capitale. La sfida è stata subito raccolta dal popolo della blogosfera iraniana. Su Twitter si rincorrono appelli a recarsi in massa al cimitero.

Estero. Terrorismo in Spagna, un’ autobomba contro la caserma

 Poco prima dell’ alba, un’ autobomba è esplosa davanti al dormitorio di una caserma della Guardia Civil a Burgos, nel nord, ferendo in modo lieve 55 tra agenti e loro familiari. Parte della facciata posteriore della caserma è stata sventrata. L’ Eta torna a colpire in Spagna.

In ospedale sono stati medicati una cinquantina feriti, ma la maggior parte di loro ha riportato solo tagli ed escoriazioni dopo che le finestre degli edifici circostanti sono andate in frantumi. Tra i feriti ci sono 22 donne e cinque bambini tra le oltre 120 persone che risiedevano nel dormitorio della caserma.

I separatisti baschi non hanno preannunciato l’ esplosione con una telefonata, come al solito, ma gli inquirenti hanno pochi dubbi sulla matrice dell’ attentato. L’ autobomba, imbottita con più di 200 chili di esplosivo (secondo alcune fonti 500), ha lasciato un cratere di sette metri di diametro sulla strada. Danneggiati anche un edificio e una casa adiacenti.

“Un grande attentato fallito che puntava a causare morti”, ha commentato il ministro dell’ Interno spagnolo, Alfredo Perez Rubalcaba, “lì dormivano donne e bambini e questo dimostra come fosse un attacco canagliesco”. Solo un miracolo ha infatti impedito una strage.

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