Questa assise deve proporre e sostenere un’ agricoltura identitaria, che tenga conto della realtà di ogni popolo e di ogni Paese. Un’ agricoltura che non può essere strappata alla propria storia. Come scrive Simone Weil “Il radicamento è forse l’ esigenza più importante e misconosciuta dell’ anima umana. Ogni essere umano ha bisogno di ricevere quasi tutta la sua vita morale, intellettuale, spirituale, tramite gli ambienti cui appartiene naturalmente”. Noi vogliamo il nuovo Umanesimo dell’ agricoltura.
Il Papa ha detto che “il problema dell’ insicurezza alimentare va affrontato in una prospettiva di lungo periodo, eliminando le cause strutturali che lo provocano e promuovendo lo sviluppo agricolo dei Paesi più poveri mediante investimenti in infrastrutture rurali, in sistemi di irrigazione, in trasporti, in organizzazione dei mercati, in formazione e diffusione di tecniche agricole appropriate, capaci cioè di utilizzare al meglio le risorse umane, naturali e socio – economiche maggiormente accessibili a livello locale”.
Quando alcuni giovani economisti – ha spiegato il Ministro Zaia – provenienti anche dai Paesi africani, sostengono che gli aiuti occidentali ai Paesi poveri e a quelli in via di sviluppo hanno avuto il solo effetto di trasformare terre già povere in terre ancora più povere, dicono una cosa di cui dobbiamo tenere conto. Bisogna interrompere quel circolo vizioso che rende dipendenti i Paesi poveri e lascia nella miseria le loro popolazioni, disintegrandone la dignità.
Dalla fame si esce solo grazie all’ agricoltura. Bisogna dare la possibilità all’ Africa di nutrire i suoi figli con i prodotti della terra africana, con il frutto del sudore e della fatica degli agricoltori e di una agricoltura che sia espressione delle rispettive comunità locali.