Dario Franceschini: nuovo segretario del Pd

 Un’ elezione meno problematica di quanto si pensasse. Ma ora comincia la fase più difficile. Il discorso con cui Dario Franceschini si è candidato ha coinvolto molti, ma altrettanti si chiedono se il nuovo segretario riuscirà nell’ impresa di rimettere in piedi un partito in forte crisi. Franceschini però si è posto un obiettivo: dare una sterzata al progetto del Pd veltroniano. Su quanta discontinuità ci stia tra Franceschini e Veltroni si è aperto il dibattito all’ assemblea. E se Enrico Letta parla di discontinuità assoluta, i veltroniani, invece, si dicono rassicurati di aver letto nelle parole di Franceschini tutta l’ ispirazione del Lingotto.
Certo, su alcuni punti (i temi etici, l’ unità sindacale, la collocazione europea), Franceschini ha fatto passi avanti rispetto a Veltroni. Il segnale di discontinuità più evidente comunque è nella struttura del partito a cui Franceschini inizierà a lavorare subito. Un partito solido, radicato. Di certo, non liquido. Da ieri sera Franceschini ha iniziato a lavorare ai nuovi organismi dirigenti visto che coordinamento e governo ombra sono stati azzerati.

Il Pd verso una reggenza Franceschini

 L’ orientamento prevalente è quello di affidare a Dario Franceschini la guida del partito fino al congresso. Frastornato per l’ improvvisa uscita di scena di Veltroni, al gruppo dirigente del Pd è sembrata questa la via d’ uscita più praticabile. Tuttavia, si è aperta una riflessione all’ interno del partito. La soluzione-ponte di Franceschini non è convincente per la maggior parte dei dirigenti, che ha molti dubbi al riguardo. Dubbi che riguardano la solidità dell’ operazione che rischia di essere percepita come una soluzione da “ceto politico” e non in grado di intercettare la richiesta di cambiamento che viene dalla base del partito. Per questo, infatti, viene giudicata importante la riunione di ieri sera con i segretari regionali a cui ha partecipato Dario Franceschini. Un incontro per sondare gli umori del territorio e capire se c’ è il sostegno alla “reggenza” dell’ attuale numero due del Pd.

Letizia Moratti: “Per l’ Expo un commissario c’ è già, e sono io”

 Tolte al Sindaco di Milano le competenze sulle infrastrutture. Privilegiato Formigoni. I pochissimi che l’ hanno vista a Palazzo Marino l’ hanno trovata “amareggiata, ma determinata”. Da alcuni giorni Letizia Moratti era stata avvertita che il ministro dell’ Economia Giulio Tremonti – con l’ appoggio di Ignazio La Russa e del leader della Lega Umberto Bossi – sarebbe stata costretta a rinunciare al fidato Paolo Glisenti come prossimo amministratore delegato della società di gestione dell’ Expo. Ma non sapeva ancora che avrebbero tolto alla Expo Spa e a lei, in qualità di commissario straordinario, le competenze sulle infrastrutture direttamente collegate al sito espositivo, che saranno invece di competenza del Tavolo Lombardia, in ultima analisi del governatore Roberto Formigoni. Così si è deciso ad Arcore. Una decisione sostenuta anche da Bossi. Un colpo basso per Letizia Moratti, che ha sempre sostenuto di avere ottimi rapporti personali con Bossi. Ma il Senatùr aveva i suoi motivi, anche in previsione che l’ anno prossimo, al termine del mandato di Formigoni, ai piani alti del Pirellone si possa insediare il sottosegretario leghista Roberto Castelli.

No a una reggenza precaria. Congresso subito

 Con tutto il rispetto dovuto a Dario Franceschini, non sembra proprio il caso di perdere tempo nominando reggenti e rinviando il confronto, o lo scontro, e insomma il congresso, al prossimo autunno. Si sa, i tempi tecnici di un congresso sono lunghi, ma in certi frangenti la volontà politica deve pur trovare la strada per imporsi. Purché il congresso non si svolga per procura. I protagonisti veri della contesa, quelli chiamati a far capire alla loro gente e all’ opinione pubblica qual è il “nuovo” di cui sono portatori, devono scendere in campo con le loro idee e con i loro programmi. Tutto questo il Pd lo deve in primo luogo a se stesso e alla sua gente e alle reiterate divergenze all’ interno del partito stesso. E così si è trovato all’ improvviso a stabilire se ha un futuro o se la sua storia è finita prima ancora di cominciare. Ma lo deve pure a quella democrazia italiana di cui voleva essere la principale forza di rinnovamento.

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