“Cronaca di una morte annunciata”, dice il presidente della Camera Gianfranco Fini, commentando l’ esito del referendum

 Il presidente della Camera legge nel risultato referendario un significato politico assai legato al momento politico attuale: “Sbaglieremmo se dicessimo che oggi non è accaduto nulla, che era tutto prevedibile, spiega Gianfranco Fini. Anzi, la scarsa partecipazione al referendum rappresenta un campanello d’ allarme, un segnale che gli italiani stanno lanciando alle classi dirigenti e che noi dobbiamo cogliere, per mettere in campo le contromisure necessarie per riappassionare gli italiani alla politica”. Di fronte alla dichiarazione, il coordinatore del Pdl Denis Verdini alza le spalle: è solo che “la materia della legge elettorale alla gente interessa poco”.

Il quorum, indispensabile per un quesito abrogativo, non è stato raggiunto, come in molti speravano o temevano e come accade da 14 anni. Mai l’ affluenza è stata così bassa. Per le tre schede da mettere nell’ urna è andata ai seggi una media di poco superiore al 23 per cento di italiani. E poco consola i referendari Mario Segni e Giovanni Guzzetta che, poi, di quella quota insufficiente di italiani oltre l’ 80 per cento si sia orientata per il .

E poiché si trattava di modificare l’ assegnazione del premio di maggioranza, alle liste e non alle coalizioni, il più entusiasta dell’ esito è Pier Ferdinando Casini, gli italiani hanno detto un secco no al bipartitismo.

Naturalmente, difficile che da un esito referendario a così bassa partecipazione si possa trarre come conseguenza una valutazione dei cittadini sull’ attuale legge elettorale, anche se qua e là, trasversalmente nei partiti, c’ è chi solleva il problema. Per ora, tutti sono all’ attacco dell’istituto referendario.

Referendum, si vota il 21 e 22 giugno. Le indicazioni del Viminale

 Le operazioni di voto si svolgeranno dalle ore 8 alle ore 22 della domenica e dalle ore 7 alle ore 15 del lunedì. I tre quesiti abrogativi riguardano la legge elettorale per Camera e Senato.

Domenica 21 giugno e lunedì 22 si svolgeranno le operazioni di voto per tre referendum popolari abrogativi. Lo ricorda il Viminale in una nota, spiegando che le operazioni di voto si svolgeranno contestualmente dalle ore 8 alle ore 22 della domenica e dalle ore 7 alle ore 15 del lunedì. Le operazioni di scrutinio avranno inizio nella stessa giornata di lunedì, al termine delle votazioni e dell’ accertamento del numero dei votanti, procedendo subito allo scrutinio delle schede referendarie.

I tre quesiti chiedono se abrogare alcune disposizioni dei testi unici per le elezioni della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.

Su ogni scheda referendaria vengono riportati il numero del referendum, la denominazione ed il quesito così come approvati dall’ Ufficio centrale per il referendum. Ciascun elettore ha diritto di esprimere il voto tracciando con la matita copiativa un segno sul riquadro corrispondente alla risposta da lui prescelta: Sì o No. Il ministero dell’ Interno ricorda che gli elettori, per poter esercitare il diritto di voto presso gli uffici elettorali di sezione nelle cui liste risultano iscritti, dovranno esibire, oltre ad un valido documento di riconoscimento, la tessera elettorale.

Per il Referendum 1 (scheda di colore viola), sull’ elezione della Camera dei Deputati, il quesito propone di abrogare la possibilità di collegamento tra liste e l’ attribuzione alla coalizione di liste più votata del premio di maggioranza nazionale. Alla Camera dei Deputati, in caso di vittoria del Sì, il premio di maggioranza verrebbe attribuito alla lista singola, non più alla coalizione di liste, che ottiene il maggior numero di voti validi nelle circoscrizioni del territorio nazionale.

Voto europeo, primi sondaggi: Pdl al 39%, cala il Pd, vola l’Idv

 Sorridono Berlusconi e Di Pietro. Nemici giurati ma, stavolta, accomunati dal segno più. Non ride il Pd che ha di che guardare con preoccupazione alla sua seconda grande prova elettorale. Molto deboli i segni di risveglio della sinistra radicale, mentre i centristi dell’Udc calano. Bene invece la Lega che rafforza il peso nel Nord del Paese. Sono queste le prime indicazioni che arrivano dal primo sondaggio sulle elezioni europee dell’anno prossimo realizzato da Ipr marketing per Repubblica.it. Una rilevazione fatta a sei mesi dal voto di giugno in attesa dell’eventuale varo della legge, voluta dal Pdl, che propone uno sbarramento al 5%. Soglia che taglierebbe fuori molti piccoli partiti.

Pdl primo partito, Pd al 28%. Primo partito si conferma il Pdl. Il partito di Berlusconi, infatti, tocca quota 39%. In crescita sia rispetto alle Europee del 2004 (quando però Forza Italia e An si presentarono da soli), sia rispetto alle politiche del 2008 che hanno portato il Cavaliere a Palazzo Chigi. Lo scorso aprile il Pdl arrivò al 37,3%, oggi sale di due gradini e arriva al 39%.

Legge elettorale: Inizia lo scontro su soglia e preferenze

 Inizia alla Commissione Affari costituzionali della Camera la discussione sulla modifica della legge elettorale per le elezioni europee che si terranno nella prossima primavera.
Il relatore di maggioranza, Peppino Calderisi (Pdl), illustrerà la posizione già annunciata dalle forze di Governo: forte correzione del sistema proporzionale con l’introduzione del quorum al 5% e la cancellazione del voto di preferenza per allineare le norme elettorali delle europee con quelle vigenti per l’elezione del Parlamento nazionale e riduzione dell’ampiezza delle circoscrizioni, che da cinque diventano 15, (rispecchiando la divisione regionale con l’accorpamento di quelle più piccole), con conseguente diminuzione del numero di candidati per lista.

Legge elettorale europee, mercoledì si inizia. Casini, preferenza non si tocca

 “Siamo disponibili a ragionare su tutto, su una sola cosa faremo un ostruzionismo parlamentare serio e duro: se ci verrà sottoposta l’idea di abolire le preferenze perchè noi siamo in un Paese democratico e non possiamo fare una legge elettorale liberticida che consenta alle nomenclature dei partiti di scegliere i propri parlamentari”.
A margine della conferenza programmatica del partito a Pescara; il leader Udc, Pier Ferdinando Casini, entra nel vivo di una delle battaglie estive della formazione centrista e prossimo oggetto di discussione in Aula.
“Su questo – ha spiegato Casini – faremo una grande battaglia di libertà fino all’ostruzionismo parlamentare perchè noi siamo una forza moderata che ragiona sempre. Siamo disponibili ad ogni compromesso sulle circoscrizioni, sulla soglia di sbarramento, ma non sulle preferenze, perchè sulle preferenze non sarebbe possibile alcun compromesso. Significherebbe – ha concluso – togliere , ancora una volta, il diritto ai cittadini di scegliere il proprio parlamentare. Su questo la battaglia sarà senza se e senza ma”.

Casini (UDC): Berlusconi ora fa il dc, ma vedremo i fatti

 L’intervista del leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, a ‘Il Messaggero’

Onorevole Casini, Berlusconi è stato dal Papa. In Parlamento i cattolici non sono molto rappresentati. Lei come vede il rapporto tra governo e Chiesa?
«E’ molto importante questa visita sul piano dei governi. La Repubblica trae dalla presenza della Santa Sede in Italia un grande elemento di ricchezza e di forza. Pensare che il Vaticano, qui da noi, sia un impaccio o un condizionamento, significa avere una considerazione molto provinciale della politica internazionale. Questa è una grande platea per l’Italia, una grande opportunità. Pone Roma al centro delle diplomazie di tutto mondo. Ritengo che il governo debba alimentare questa specialità di rapporto».

Un filo diretto che vi può tagliare fuori?
«La pluralità di opzioni nel mondo cattolico c’è ormai da oltre 30 anni. Credo che la Chiesa abbia, nei confronti di Berlusconi, lo stato d’animo che hanno gli italiani: stanchi di lotte fratricide. Hanno dato una delega a Berlusconi, poi valuteranno sulle soluzioni che darà ai problemi».

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Umberto Bossi oggetto di polemica politica

 Roma – E’ già scontro all’interno del centrodestra tra Pdl e Lega, anche se ora Berlusconi nega esista un caso Bossi. “Se il PdL vincerà le elezioni non avrà problemi da Bossi che d’altra parte non intralciò mai l’azione del precedente esecutivo Berlusconi, come invece fece l’Udc”. Lo ha detto Silvio Berlusconi in un’intervista su Rai News 24. “Non si è mai verificato nei 5 anni del nostro governo – ha detto Berlusconi – che ci fosse un solo punto in cui la Lega ha contrastato l’esecutivo. I contrasti sono venuti dall’Udc”.

Il segretario della Democrazia Cristiana per le Autonomie Gianfranco Rotondi, uno degli alleati più stretti del leader del PdL, però puntualizza: “Quelle di Bossi sono battute, si capisce, e, appunto per questo, non vanno strumentalizzate dalla sinistra. Una forza di governo, però, deve pesare le parole e noi vogliamo che Berlusconi torni al governo con una Lega protagonista della ripresa italiana”.

La Cei gradirebbe la modifica della legge elettorale

La Conferenza Episcopale scende in campo sulla politica, anche se ufficialmente non si schiera, come è ovvio. I vescovi italiani, però, chiedono di cambiare la legge elettorale. “Il sistema di voto deve tornare a dare più democrazia al Paese ed è necessario che il prossimo Parlamento modifichi l’attuale legge elettorale, tornando a dare al cittadino la possibilità di scegliere i suoi rappresentanti”, ha precisato la Conferenza episcopale italiana, riferendosi alle liste bloccate previste dall’attuale normativa.

Domande e risposte. Qual è la legge elettorale in vigore in Italia?

 La legge elettorale in vigore è basata sul sistema proporzionale: in base a questo sistema ogni partito ottiene tanti deputati e senatori in relazione alla percentuale dei voti ricevuti.
Ogni partito si può presentare alle elezioni da solo o come parte di una coalizione indicando, attraverso le liste elettorali, i nomi dei propri candidati deputati e senatori. Questa legge elettorale prevede un premio di maggioranza e degli sbarramenti per ottenere i seggi in Parlamento.

Alla Camera il sistema elettorale proporzionale è stato adottato dal 1946 al 1993 per essere poi reintrodotto nel 2005, dopo un periodo di maggioritario. Al Senato invece è sempre stato in vigore il sistema proporzionale.

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