Gheddafi ritarda all’ appuntamento. Gianfranco Fini cancella la visita dopo oltre due ore di attesa

 Il presidente della Camera annulla la visita di Muammar Gheddafi a Montecitorio dopo averlo atteso nel suo studio per due ore. “Un ritardo ingiustificato”, fa sapere Fini, che poi rende noto il discorso che avrebbe dovuto tenere davanti al leader libico: quattro cartelle di critiche sul rispetto dei diritti umani a Tripoli e sul discusso giudizio sugli Stati Uniti pronunciata da Gheddafi al Senato.

I preparativi per accogliere il leader libico alla Camera iniziano alle 15 (l’ incontro con Fini è fissato alle 16.30, il convegno con D’ Alema e Pisanu alle 17): piazza Monte Citorio off limits per passanti e turisti, grande dispiegamento di forze dell’ ordine fuori dal Palazzo, di commessi dentro.

Visti i precedenti (al Quirinale mercoledì si era presentato con oltre mezz’ ora di ritardo, al Senato con 50 minuti, all’ Università La Sapienza dopo due ore), già poco dopo le 16.30 si sparge la voce alla Camera che Gheddafi non arriverà prima delle 17.45. La Sala della Lupa è gremita di persone accreditate al convegno e Fini attende il rais nel suo studio con D’ Alema e Pisanu. Intorno alle 18, si sparge la voce tra i commessi che Gheddafi è ancora in camera.

Allo scoccare delle due ore di ritardo, la decisione. Presa in piena autonomia e assumendosene tutte le responsabilità. Fini comunica l’ annullamento del convegno alla Sala della Lupa che accoglie la notizia con un applauso di approvazione. E la ragione della terza carica dello Stato viene pienamente compresa anche dal premier Silvio Berlusconi, che Fini sente dopo aver raggiunto telefonicamente anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Una decisione giusta anche per il ministro degli Esteri, Franco Frattini, e per il suo predecessore D’ Alema: “Per il decoro delle istituzioni e il rispetto delle personalità invitate la decisione di Fini è ineccepibile”. Prima di lasciare Montecitorio D’ Alema motiva il ritardo di Gheddafi con un malore e annuncia ai cronisti che insieme a Pisanu lo sta andando a trovare a Villa Doria Pamphili.

Il ritardo di Gheddafi assume i contorni di un giallo diplomatico. L’ ex ministro degli Esteri e Giuseppe Pisanu si sono poi recati a Villa Pamphili a trovare il leader libico Muammar Gheddafi.

“Abbiamo avuto con Gheddafi – ha spiegato D’ Alema – uno scambio di opinioni sui rapporti tra la Libia e l’ Italia. Gheddafi ha anche espresso rammarico per il mancato appuntamento organizzato dalle Fondazioni Italianieuropei e Medidea a Montecitorio”. Anche Giuseppe Pisanu ha riferito che il colonnello libico si è scusato.

La visita di Gheddafi a Roma: “Si volta pagina”

 Muammar Gheddafi è arrivato a Roma per la visita di Stato di tre giorni in Italia. L’ Airbus con a bordo il leader libico è atterrato a mezzogiorno all’ aeroporto di Ciampino. Il colonnello, in alta uniforme, è sceso lentamente lungo la scaletta dell’ aereo ed è stato accolto dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che lo ha abbracciato e gli ha detto che con questa visita “si chiude una lunga pagina dolorosa”.

Gheddafi ha ringraziato il coraggio dell’ Italia, per aver voltato pagina. “Salutiamo questa generazione di italiani per aver risolto con estremo coraggio le questioni del passato”. Ha spiegato di avere pronta una chiave per risolvere il problema della pirateria: “Sono in procinto di presentare una bozza di accordo durante l’ assemblea generale delle Nazioni Unite”.

Il primo impegno ufficiale per Gheddafi è stato al Quirinale per la colazione con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il Capo dello Stato ha detto di prevedere l’ avvio di una nuova fase nei rapporti con Tripoli. “Abbiamo convenuto con il Colonnello, ha spiegato il presidente della Repubblica al termine del colloquio, sull’obiettivo di rendere il Mediterraneo un’ area di pace, stabilità e benessere intensificando le relazioni politiche e diplomatiche, ma anche rafforzando la cooperazione economica, culturale ed in materia di immigrazione, anche nel contesto dei più stretti legami con l’ Ue”.

Immigrazione: Secondo La Russa, non serve la linea dura con la Libia

 “Non dobbiamo fare i duri con i libici, non serve a niente”. Lo ha dichiarato Ignazio La Russa, ministro della Difesa, in un’intervista al Corriere della Sera, sottolineando che è meglio evitare le porteste e i toni forti perché “sono sicuro che Gheddafi rispetterà gli accordi: solo che i suoi sono tempi libici, un po’ levantini. Con i leader libici è necessario imbastire una trattativa lenta, continua”.

La Russa ha evidenziato poi che “siamo noi in difetto, dobbiamo ammettere le nostre colpe con chiarezza, siamo inadempienti, perché ci troviamo in ritardo sui tempi previsti. Andrà tutto bene appena il Parlamento avrà fatto il suo lavoro: deve rendere ancora definitivamente esecutivo l’accordo di Amicizia e Cooperazione firmato alla fine di agosto con la Libia”.

Caso chiuso fra Italia e Libia sul nodo Calderoli

 Alla fine pace fatta. Si nonostante le minacce, nonostante quelle vignette anti islam, alla fine il perdono di Gheddafi, inimmaginabile solo qualche giorno fa, è arrivato, anzi Roberto Calderoli si è pentito e di conseguenza è pace fatta. Anzi acqua passata.
All’inizio il problema era proprio lui, quel Calderoli ministro, una cosa impensabile per la Libia, anzi insopportabile. Era dovuto intervenire Massimo D’Alema, ministro degli Esteri del governo Prodi, per sedare gli animi ricordando alla Libia che la scelta di un ministro italiano è un affare interno. Ma niente da fare.

D’Alema frena la Libia sul no a Calderoli ministro

 “La formazione del nuovo governo è una questione interna italiana, regolata da precise disposizioni costituzionali”. Con queste parole il ministro degli Esteri uscente Massimo D’Alema ha frenato l’offensiva diplomatica lanciata dalla Libia nei confronti del futuro governo Berlusconi, nel caso in cui di questo entrasse a far parte l’esponente della Lega Nord Roberto Calderoli. Da Tripoli, il figlio del leader libico Muammar Gheddafi, Saif El Islam, aveva parlato di “ripercussioni catastrofiche” se Calderoli fosse nominato nuovamente ministro.

Il ricordo corre al febbraio del 2006, all’incidente diplomatico provocato dallo stesso Calderoli che, da ministro delle Riforme, mostrò in diretta televisiva una maglietta con la riproduzione di una vignetta anti-Islam. Un episodio che scatenò l’assalto di gruppi di libici inferociti contro il Consolato italiano di Bengasi. Il bilancio di 11 morti e decine di feriti negli scontri che ne seguirono costrinse l’esponente leghista alle dimissioni.

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