Il Lodo Alfano. L’ Avvocatura di Stato alla Consulta: “La soluzione è quella secondo la quale si producono i danni a somma minore”

 Se il “Lodo Alfano” sarà bocciato Silvio Berlusconi ne sarebbe gravemente, anzi irreparabilmente danneggiato. La ripresa dei processi a suo carico potrebbe esporrlo fino al punto da indurlo alle dimissioni. Nella memoria difensiva che l’ Avvocatura generale dello Stato, a nome della Presidenza del Consiglio, ha depositato in cancelleria della Corte Costituzionale in vista dell’ udienza del 6 ottobre, le 21 pagine sono solo in parte dedicate alla dottrina e al diritto.

Rilevante è il dato politico. Addirittura più che nelle memorie che gli avvocati Niccolò Ghedini e Pietro Longo hanno presentato a nome di Berlusconi in qualità di imputato nei tre processi ora sospesi per effetto del lodo (irregolarità nella compravendita dei diritti televisivi Mediaset, corruzione dell’ avvocato Mills e istigazione alla corruzione di alcuni senatori eletti all’ estero durante la scorsa legislatura).
L’ Avvocatura di Stato alla Consulta: “Il Lodo Alfano è una legge legittima e dovuta, perchè coordina due interessi: quello personale e quello generale”

Certo, le dimissioni sono un pericolo estremo – scrive l’ avvocato dello Stato Glauco Nori nel documento datato 3 settembre e depositato alla Consulta – ma se anche non si arriva a tanto “si può creare una forte corrente di opinione contraria, che rende quantomeno precarie le condizioni personali di serenità che secondo la Costituzione debbono essere assicurate all’ interessato ed in mancanza delle quali resta pregiudicato l’ interesse generale sottostante”.

Il lodo Alfano è invece una legge non solo legittima ma addirittura dovuta, perchè in grado di coordinare due interessi: quello personale dell’ imputato a difendersi in giudizio; e quello generale, oltre che personale, all’ esercizio efficiente delle funzioni pubbliche svolte da Silvio Berusconi.

Dino Boffo, direttore di Avvenire, ha dato le dimissioni. Pubblichiamo la lettera integrale

 Da sette giorni la mia persona è al centro di una bufera di proporzioni gigantesche che ha invaso giornali, televisioni, radio, web, e che non accenna a smorzarsi, anzi. La mia vita e quella della mia famiglia, le mie redazioni, sono state violentate con una volontà dissacratoria che non immaginavo potesse esistere. L’ attacco smisurato, capzioso, irritualmente feroce che è stato sferrato contro di me dal quotidiano Il Giornale guidato da Feltri e Sallusti, e subito spalleggiato da Libero e dal Tempo, non ha alcuna plausibile, ragionevole, civile motivazione: un opaco blocco di potere laicista si è mosso contro chi il potere, come loro lo intendono, non ce l’ ha oggi e non l’ avrà domani.

Qualcuno, un giorno, dovrà pur spiegare perchè ad un quotidiano, Avvenire, che ha fatto dell’ autonomia culturale e politica la propria divisa, che ha sempre riservato alle istituzioni civili l’ atteggiamento di dialogo e di attenta verifica che è loro dovuto, che ha doverosamente cercato di onorare i diritti di tutti e sempre rispettato il responso elettorale espresso dai cittadini, non mettendo in campo mai pregiudizi negativi, neppure nei confronti dei governi presieduti dall’ onorevole Berlusconi, dovrà spiegare, dicevo, perchè a un libero cronista, è stato riservato questo inaudito trattamento.

E domando: se si fa così con i giornalisti indipendenti, onesti, e per quanto possibile, nella dialettica del giudizio, collaborativi, quale futuro di libertà e di responsabilità ci potrà mai essere per la nostra informazione? Quando si andranno a rileggere i due editoriali firmati da due miei colleghi, il pro e contro di altri due di essi, e le mie tre risposte ad altrettante lettere che Avvenire ha dedicato durante l’ estate alle vicende personali di Silvio Berlusconi, apparirà ancora più chiaramente l’ irragionevolezza e l’ autolesionismo di questo attacco sconsiderato e barbarico.

Grazie a Dio, nonostante le polemiche, e per l’ onestà intellettuale prima del ministro Maroni e poi dei magistrati di Terni, si è chiarito che lo scandalo sessuale inizialmente sventagliato contro di me, e propagandato come fosse verità affermata, era una colossale montatura romanzata e diabolicamente congegnata. Fin dall’ inizio si era trattato d’ altro. Questa risultanza è ciò che mi dà più pace, il resto verrà, io non ho alcun dubbio.

E tuttavia le scelte redazionali che da giorni taluno continua accanitamente a perseguire nei vari notiziari dicono a me, uomo di media, che la bufera è lungi dall’ attenuarsi e che la pervicace volontà del sopraffattore è di darsi ragione anche contro la ragione. Un dirigente politico lunedì sera osava dichiarare che qualcuno vuole intimorire Feltri; era lo stesso che nei giorni precedenti aveva incredibilmente affermato che l’ aggredito era proprio il direttore del Giornale, e tutto questo per chiamare a raccolta uomini e mezzi in una battaglia che evidentemente si vuole ad oltranza.

E mentre sento sparare i colpi sopra la mia testa mi chiedo: io che c’ entro con tutto questo? In una guerra tra gruppi editoriali, tra posizioni di potere cristallizzate e prepotenti ambizioni in incubazione, io, ancora, che c’ entro? Perchè devo vedere disegnate geografie ecclesiastiche che si fronteggerebbero addirittura all’ombra di questa mia piccola vicenda?

Boselli: il Partito socialista continuerà a vivere

 “Il risultato elettorale segna una grave e severa sconfitta del Partito socialista. So bene che le vittorie hanno molti padri e molti madri, mentre le sconfitte sono solitamente figlie di nessuno. Questo, però, non è né il mio atteggiamento né il mio comportamento. Delle scelte che abbiamo fatto e delle conseguenze che ne derivano io mi assumo pienamente la responsabilità politica. Per questo motivo, non appena ho appreso l’esito del voto, mi sono dimesso dalla guida del Partito socialista, pur avendo svolto questo ruolo, non come segretario ma come candidato premier.
Continuo a pensare che i socialisti non potevano accettare il diktat di Veltroni salvando qualche posto di parlamentare in cambio di uno scioglimento del nostro partito. Se avessimo imboccato questa strada, avremmo rinunciato alla nostra dignità politica. I più di settantamila nostri iscritti avrebbero interpretato la nostra resa a Veltroni solo come una scelta opportunista. Nella mia esperienza politica ho avuto sempre come bussola quella di mantenere la nostra autonomia. Non piegarsi ai ricatti è la premessa basilare per essere una comunità libera. Questa sconfitta dei socialisti si colloca in una situazione nella quale si è determinato un vero e proprio terremoto politico.

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