Silvio Berlusconi spera nella candidatura italiana alla guida del Parlamento europeo

 Credo che questa volta tocchi a noi. Non faccio scommesse, come sempre siamo leali». Silvio Berlusconi arriva al vertice del Ppe per cercare di strappare il sostegno alla candidatura italiana alla guida del parlamento Europeo. In lizza ci sono l’ italiano Mario Mauro e il polacco Jerzy Busek. “La nostra, spiega il premier arrivando al vertice del Ppe, è una candidatura che mettiamo sul tavolo. Mauro è stimato e l’ Italia è un socio fondatore dell’ Europa. L’ Italia non ha la presidenza del parlamento europeo dal 1979.

Il presidente del Consiglio ha cercato ieri di far pesare anche il risultato anche alle europee: “Il nostro partito è quello che ha avuto il maggior numero di voti, più della Germania e di tutti gli altri paesi. L’ Italia è il paese più europeista e c’ è stata infatti la maggiore affluenza alle urne di tutta Europa con il 67% mentre la Polonia è il terzultimo paese con il 24,5% ovvero è andato a votare solo un polacco su quattro”.

Referendum a rischio quorum: gli ultimi appelli alla partecipazione

 “Andiamo tutti a votare per picconare il porcellum, la peggior legge elettorale della storia repubblicana”, si affannano a gridare Antonio Segni e Giovanni Guzzetta. I promotori si sono perfino appellati al presidente Napolitano, perché garantisca la visibilità del referendum come ha fatto con successo per la lista Pannella alle europee.

La moral suasion del presidente Rai Garimberti sui direttori di tg, gr e reti è stata forse tardiva, se a cinque giorni dal voto di domenica a cui in teoria sono chiamati 47,5 milioni di elettori, un italiano su due ignorava che si tratta di un referendum e un numero altissimo non ne conosceva i contenuti. E va bene che in 30 località ci sono i ballottaggi, ma l’ estate è scoppiata. E riuscire a portare alle urne il 50 per cento dei votanti e raggiungere il fatidico quorum appare un’ ardua impresa.

I quesiti
Sono tre, su schede di colore diverso. La legge attuale, proporzionale, prevede un premio di maggioranza da attribuire (su base nazionale alla Camera, regionale al Senato) o alla singola lista vincente o alla coalizione di liste. Il primi due quesiti propongono di eliminare la seconda possibilità. Chiedono infatti di cancellare il collegamento fra liste alla Camera (scheda viola) e al Senato (scheda beige chiaro) e il premio alla coalizione. Il terzo (scheda verde) chiede invece di abrogare le candidature plurime, cioè la possibilità, per la stessa persona, di candidarsi in più circoscrizioni.

Cosa cambia
Se passasse il sì alle prime due domande, il premio di maggioranza verrebbe attribuito alla singola lista vincente. E verrebbero innalzate le soglie di sbarramento, al 4% alla Camera, all’ 8% al Senato. Il sì alla terza domanda cancellerebbe invece i ripescaggi, che permettono all’ eletto in più circoscrizioni di decidere il destino degli altri, stabilendo dove ritirarsi. La porcata resterebbe però intatta: le liste rimarrebbero bloccate e scelte dall’ alto.

Referendum, si vota il 21 e 22 giugno. Le indicazioni del Viminale

 Le operazioni di voto si svolgeranno dalle ore 8 alle ore 22 della domenica e dalle ore 7 alle ore 15 del lunedì. I tre quesiti abrogativi riguardano la legge elettorale per Camera e Senato.

Domenica 21 giugno e lunedì 22 si svolgeranno le operazioni di voto per tre referendum popolari abrogativi. Lo ricorda il Viminale in una nota, spiegando che le operazioni di voto si svolgeranno contestualmente dalle ore 8 alle ore 22 della domenica e dalle ore 7 alle ore 15 del lunedì. Le operazioni di scrutinio avranno inizio nella stessa giornata di lunedì, al termine delle votazioni e dell’ accertamento del numero dei votanti, procedendo subito allo scrutinio delle schede referendarie.

I tre quesiti chiedono se abrogare alcune disposizioni dei testi unici per le elezioni della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.

Su ogni scheda referendaria vengono riportati il numero del referendum, la denominazione ed il quesito così come approvati dall’ Ufficio centrale per il referendum. Ciascun elettore ha diritto di esprimere il voto tracciando con la matita copiativa un segno sul riquadro corrispondente alla risposta da lui prescelta: Sì o No. Il ministero dell’ Interno ricorda che gli elettori, per poter esercitare il diritto di voto presso gli uffici elettorali di sezione nelle cui liste risultano iscritti, dovranno esibire, oltre ad un valido documento di riconoscimento, la tessera elettorale.

Per il Referendum 1 (scheda di colore viola), sull’ elezione della Camera dei Deputati, il quesito propone di abrogare la possibilità di collegamento tra liste e l’ attribuzione alla coalizione di liste più votata del premio di maggioranza nazionale. Alla Camera dei Deputati, in caso di vittoria del Sì, il premio di maggioranza verrebbe attribuito alla lista singola, non più alla coalizione di liste, che ottiene il maggior numero di voti validi nelle circoscrizioni del territorio nazionale.

Estero. Scrutinio irregolare? L’ ayatollah Ali Khamenei ha invitato Mousavi a usare le vie legali

 Centinaia di migliaia di sostenitori del candidato moderato Mir Hossein Mousavi sono scesi ieri in strada a Teheran per contestare le rielezione del presidente ultraconservatore Mahmoud Ahmadinejad.

Alla manifestazione di protesta, vietata dalle autorità, era presente anche Mousavi. “Siamo pronti a partecipare a una nuova elezione presidenziale”, ha detto il candidato moderato parlando dal tetto di un’ automobile. Centinaia di migliaia di persone hanno invaso avenue Azadi, una delle principali arterie della capitale, per protestare contro la rielezione di Ahmadinejad, che ha vinto le presidenziali di venerdì con il 63 per cento dei voti, stando ai risultati ufficiali diffusi dal ministero dell’ Interno ma contestati dai sostenitori di Mousavi.

I manifestanti hanno sfilato in modo compatto lungo la via, luogo dove tradizionalmente si svolgono le manifestazioni di commemorazione della Rivoluzione islamica del 1979. Secondo gli agenti di polizia sul posto, almeno un milione e mezzo di persone sarebbero scese in strada.

La folla ha urlato slogan come morte al dittatore e Se – shanbé, Se-Shanbé, etessab, etessab (martedì, martedì, sciopero, sciopero). Quando i manifestanti sono giunti in piazza Azadi si sono uditi degli spari. Secondo un fotografo dell’ Associated Press sul posto, ad aprire il fuoco sarebbero stati membri della milizia islamica filogovernativa Bassidj. Almeno una persona è morta, mentre altre sono rimaste gravemente ferite.

Estero. Sempre tensione in Iran, ieri una nuova manifestazione

 Non si placa la tensione in Iran all’ indomani della grande manifestazione anti Ahmadinejad e dei disordini che hanno causato almeno sette morti. Nel tentativo di riportare la calma, il potente Consiglio dei Guardiani, il più importante organo legislativo iraniano e massima autorità sulle questioni elettorali, ha fatto sapere di essere pronto a un parziale riconteggio dei voti delle elezioni presidenziali di venerdì scorso, ma non a ripetere la consultazione, duramente contestata dal candidato riformista Mir Hossein Moussavi.

Si riconteranno però solo le urne con le schede contestate, come ha spiegato un portavoce. Ed è possibile che ci sia qualche cambiamento nei calcoli dopo il riconteggio. Ma la promessa non placa i rifomisti, che avrebbero voluto la ripetizione delle contestate elezioni.

E adesso si temono nuovi scontri e violenze nelle manifestazioni attese per oggi. I sostenitori del presidente Ahmadinejad si sono dati appuntamento per una marcia di sostegno al presidente rieletto in piazza Vali Asr, esattamente dove l’ opposizione ha organizzato, due ore più tardi, una nuova marcia di protesta per la sconfitta di Moussavi.

Il regime ha esortato a un’ ampia partecipazione alle manifestazioni pro Ahmandinejad, ma dal quartier generale di Moussavi arriva invece la frenata: proprio mentre il regime annunciava che non sarà permesso alla stampa straniera di seguire lo svolgimento di manifestazioni non autorizzate, un portavoce di Moussavi ha invitato i sostenitori a disertare la manifestazione odierna per proteggere le proprie vite.

Estero. Elezioni in Iran, vince Ahmadinejad Mousavi: “Brogli, non ci arrendiamo”

 Mahmoud Ahmadinejad è ormai certo di essere riconfermato alla presidenza della Repubblica islamica d’ Iran. Secondo gli ultimi dati parziali annunciati dalla commissione elettorale, con la quasi totalità dei distretti amministrativi scrutinati, il presidente uscente ha ottenuto il il 63,3% dei voti.

Il principale rivale di Ahmadinejad, Mir Hossein Mousavi, ha ottenuto il 34,07% dei voti: Mousavi ha denunciato brogli ed ha condannato violazioni nel voto. Gli altri due candidati, il riformatore Mehdi Karoubi e il conservatore Mohsen Rezai, avrebbero ottenuto meno del 2 per cento ciascuno.

Il presidente della commissione elettorale, Kamran Daneshjoo, ha annunciato che i risultati riguardano 346 su 366 distretti. Sul suo sito internet Mousavi ha scritto che non si arrenderà a queste manipolazioni e ha messo in guardia di fronte al comportamento di alcuni funzionari, durante le elezioni, che sta scuotendo i pilastri del sistema politico del paese.

Il leader moderato ha chiesto alle autorità di Teheran di mettere immediatamente fine a queste violazioni, affermando che la gente non rispetterà coloro che arrivano al potere tramite la frode. “Non mi arrenderò a questa farsa pericolosa”, ha commentato, protestando vigorosamente contro queste numerose ed evidenti irregolarità.

Gianfranco Fini per il referendum: “Io vado certamente a votare. E auspico che gli italiani facciano altrettanto”

 “Quando Berlusconi decide una cosa è quella: il Pdl non conta nulla e ancora meno Fini che continua con questa menata del governo a trazione leghista”. Era il ministro leghista Calderoli a fare queste considerazioni, mentre i suoi compagni di partito Giorgietti e Salvini ridevano, pregustando l’ apoteosi della Lega alla manifestazione di Pontida del 14 giugno.

Il Cavaliere non ha avuto bisogno di riunire nessun organo del Pdl per decidere che il referendum elettorale è una roba archiviata. Lo ha deciso con Bossi e in una nota di Palazzo Chigi ha scritto che non appare opportuno un sostegno diretto al referendum del 21 giugno.

In cambio Bossi si impegnerà personalmente nei ballottaggi delle amministrative, senza avere più il timore di far scattare il quorum. Ma Fini non ci sta. “Io vado certamente a votare – è stata la reazione della terza carica dello Stato – e lo faccio convintamente. Ed è ovvio che auspico che gli italiani facciano altrettanto”.

Fini ha confidato ai suoi di essere sconcertato del dietrofront di Berlusconi che un mese fa aveva sposato la causa referendaria. Durante un viaggio a Varsavia, infatti, il premier aveva detto che sarebbe stato un masochista se non avesse votato. Visto che la vittoria del referendum porterebbe al bipartitismo, costringendo la Lega a presentarsi alle elezioni con il Pdl. Ciò che ha ulteriormente irritato Fini è che la decisione di Berlusconi non sia stata discussa nell’ ufficio di presidenza del partito.

Nel suo intervento al congresso fondativo del Pdl aveva invitato Berlusconi, che annuiva seduto in prima fila, a prendere una posizione chiara a favore del referendum. E il premier lo aveva accontentato, garantendo che tutte le decisioni sarebbero state prese in maniera collegiale, come si conviene in un partito democratico.

Elezioni 2009. Indagine Censis: i telegiornali hanno deciso il voto, solo un quarto degli elettori si è affidato ai giornali

 La televisione resta il principale mezzo utilizzato dagli italiani per formarsi un’ opinione sull’ offerta politica, solo un quarto degli elettori si è affidato ai giornali, uno su dieci per informarsi ha letto il materiale di propaganda dei partiti (volantini, manifesti, ecc.), mentre Internet rappresenta la fonte di informazione per una fetta ancora minoritaria del corpo elettorale, eccetto che tra i giovani.

Sono queti i dati che emergono da un’ indagine del Censis. Nella campagna elettorale per le elezioni europee il 69,3% degli elettori si è informato attraverso le notizie e i commenti trasmessi dai telegiornali per scegliere chi votare. I Tg restano il principale mezzo per orientare il voto soprattutto tra i meno istruiti (il dato sale, in questo caso, al 76%), i pensionati (78,7%) e le casalinghe (74,1%).

Al secondo posto, ancora la Tv, con i programmi giornalistici di approfondimento (Porta a porta, Matrix, ecc.), a cui si è affidato il 30,6% degli elettori. Si tratta soprattutto delle persone più istruite (il dato sale, in questo caso, al 37%) e residenti nelle grandi città, con più di 100.000 abitanti (con quote che oscillano tra il 36% e il 40%), mentre i giovani risultano meno coinvolti da questo format televisivo (il 22,3% nella classe d’ età 18 – 29 anni).

Al terzo posto si colloca la carta stampata: i giornali sono stati determinanti per il 25,4% degli elettori (il 34% tra i più istruiti, e il dato sale a oltre un terzo degli elettori al Nordest e nelle grandi città, e raggiunge il 35% tra i lavoratori autonomi e i liberi professionisti). I canali Tv all news – continua il Censis – sono stati seguiti dal 6,6% degli italiani prossimi al voto (soprattutto maschi, 9,3%, e più istruiti, 10,2%).

Elezioni 2009. Dopo il voto la battaglia referendaria. La decisione di Berlusconi

 Proprio in vista del prossimo appuntamento con le urne per il referendum, insieme ai ballottaggi locali ma pesanti, arriva la prima presa di posizione ufficiale di Silvio Berlusconi. Tanto ufficiale che è una nota di palazzo Chigi a sancire che il presidente del Consiglio ed Umberto Bossi “in vista dei prossimi ballottaggi per le elezioni amministrative, hanno condiviso la necessità di un comune e forte impegno del Popolo della Libertà e della Lega Nord a sostegno dei loro candidati, per completare l’ eccezionale successo della quasi totalità delle amministrazioni già conquistate al primo turno. A tal fine hanno garantito il loro personale coinvolgimento nelle ultime due settimane di campagna elettorale”.

Invece, prosegue la nota della Presidenza del Consiglio, Berlusconi “ha altresì ritenuto di esplicitare che la riforma della legge elettorale debba essere conseguente alle auspicate riforme del bicameralismo perfetto e che, pertanto, non appare oggi opportuno un sostegno diretto al referendum del 21 giugno”.

Paolo Bonaiuti conferma che “di fronte a risultati come questi, con province intere che vengono portate via alla sinistra soprattutto nel Nord, e con città come Firenze e Prato, quest’ ultima governata da 63 anni dalla sinistra, in cui si arriva a un ballottaggio che nessuno poteva prevedere, l’ umore di Berlusconi non può che essere eccellente”.

Il Pd attacca la decisione di Berlusconi. “Come volevasi dimostrare il premier molla il suo impegno sul referendum. Berlusconi ha una parola molto ondivaga, i suoi impegni della mattina non sono validi a sera. È evidente che dopo il risultato elettorale deve privilegiare l’ alleato Bossi del quale è sempre più ostaggio per assicurarsi l’ impegno per i ballottaggi” accusa il senatore del Pd Giorgio Tonini.

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