Europarlamento: il nuovo presidente è Jerzy Buzek (Ppe)

 L’ ex premier polacco, Jerzy Buzek (Ppe), è il nuovo Presidente del Parlamento europeo. Nel corso della sessione inaugurale a Strasburgo, i deputati europei si sono espressi a larghissima maggioranza per l’ elezione di Buzek, che succede così al Presidente uscente, il tedesco Hans – Gert Poettering, il quale oggi ha aperto i lavori a Strasburgo.

Buzek di fatto non ha avuto sfidanti, dopo il ritiro dell’ italiano Mario Mauro, nessuna chance per l’ unica candidata della sinistra radicale, la svedese Eva – Britt Svensson. Il candidato del Ppe, dopo aver vinto la sua battaglia interna con il candidato italiano, ha ottenuto l’ appoggio anche del gruppo Asde (Alleanza dei Socialisti e Democratici) e dell’ Alde (Alleanza liberaldemocratica). Anche il leader dei Verdi, Daniel Cohn-Bendit, ha annunciato oggi il sostegno del suo gruppo alla persona, ex membro di Solidarnosc, di cui ha detto di aver apprezzato il lavoro come eurodeputato nella scorsa legislatura, pur non essendo sempre d’ accordo con lui.

Durante il suo intervento davanti all’ Assemblea di Strasburgo, ieri mattina, prima delle operazioni di voto, l’ ex premier polacco ha detto che la cosa più importante per l’ Europarlamento sarà ascoltare i cittadini europei, e ha indicato brevemente le priorità attuali della politica europea nelle iniziative per uscire dalla crisi enconomica e finanziaria, per assicurare la sicurezza energetica (su cui Buzek pone l’ accento molto più che sulle politiche climatiche), per affrontare quelli che ha definito i problemi dell’ immigrazione, e per rilanciare la cosiddetta strategia di Lisbona per la competitività economica dell’ Ue.

Estero. Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad non partecipa al vertice in Libia

 Mahmoud Ahmadinejad ha rinunciato a partecipare al vertice dell’ Unione africana a Sirte, in Libia. Lo ha reso noto la presidenza iraniana. Anche Silvio Berlusconi, invitato dal presidente di turno dell’ Ua Muhammar Gheddafi in qualità di presidente del G8, aveva fatto sapere alla Libia di non poter partire per via del disastro di Viareggio.

La partecipazione del presidente iraniano al 13mo vertice dell’ Unione africana era data per certa fino a ieri, quando il Consiglio dei guardiani ha ratificato la sua elezione per un secondo mandato. Intanto in Iran proseguono le proteste contro le elezioni. Il candidato riformista alla presidenza iraniana Mehdi Karrubi ha detto di non riconoscere la rielezione del presidente Mahmud Ahmadinejad.

“Non considero questo governo come legittimo e continuerò la mia battaglia… usando ogni mezzo – si legge in una lettera apparsa sul suo sito internet nella notte fra ieri e oggi – e sono pronto a collaborare con persone e gruppi favorevoli alle riforme”. Karrubi è un religioso riformista, arrivato quarto nelle contestate elezioni presidenziali iraniane del 12 giugno.

Intanto il sito web del quotidiano israeliano Jerusalem Post, che cita fonti iraniane contattate telefonicamente, scrive che sei sostenitori di Mir Hossein Mousavi, il candidato moderato sconfitto nelle contestate presidenziali iraniane del 12 giugno dal presidente ultraconservatore Mahmoud Ahmadinejad, sarebbero stati impiccati l’ altro ieri nella città santa di Mashhad.

Pd verso il congresso. Franceschini: “Farà bene al Pd in quanto momento di consolidamento del partito”

 Il congresso farà bene al Pd. Dario Franceschini si presenta così alla direzione del partito che ha dato il via libera al percorso che porterà alle Assise approvando, con 7 voti contrari, il regolamento che fissa le tappe congressuali: il 21 luglio è il termine ultimo per le candidature alla segreteria. Il 24 luglio è invece la data stabilita per la formalizzazione delle candidature. Il congresso, ovvero l’ assemblea dei delegati chiamati a votare le candidature stesse, si terrà l’ 11 ottobre. La data fissata per le primarie è invece il 25 ottobre.

Un intervento a braccio, quello del segretario, che ha toccato vari temi caldi, dall’ analisi del voto amministrativo fino alla questione del congresso e della necessità di svolgerlo in ottobre senza rinvii. Ma anche l’ analisi sullo stato dell’ arte del partito, la situazione al nord così come al sud che, però, riguarda un quadro da guardare nel suo insieme.

Il messaggio e l’ identità che il Pd deve dare e deve avere per candidarsi alla guida del paese. Proprio relativamente alle Assise, Franceschini aveva detto chiaramente di essere contrario ad un rinvio della data e che non bisogna, avrebbe spiegato, avere paura del congresso, perché farà bene al Pd in quanto momento di consolidamento del partito. In vista degli appuntamenti delle regionali: il Pd ha bisogno di un confronto serio, preciso e magari anche duro perché alla fine del percorso bisogna avere una guida forte e una piattaforma politica forte.

Mentre il comitato direttivo traccia la road map, però, non si ferma la caccia al terzo uomo, la figura che potrebbe inserirsi fra i duellanti Franceschini e Bersani, e lo scontro interno al partito si sposta anche sulle regole. L’ ex presidente del Senato Franco Marini ha attaccato duramente lo statuto del Pd, documento nato «dalle fantasie di uno Stranamore». Nel suo intervento alla direzione, Marini spiega che il congresso va fatto, ma subito dopo bisogna prendere l’ impegno di dare mandato ad un comitato di riformare lo statuto perché, aggiunge, “se questo statuto lo buttate…..”, non sarebbe un danno. “È un’ arma – dice – che può distruggere qualsiasi forza politica”.

Soddisfazione per Berlusconi: bene nonostante le accuse

 Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi esprime soddisfazione per l’ esito del voto amministrativo. In una nota il premier sottolinea una nuova, sonora sconfitta della sinistra. Un risultato che rafforza il governo, la Lega e il Pdl in una competizione amministrativa influenzata dalle distorsioni mediatiche e dagli attacchi eversivi rivolti da un gruppo editoriale contro il presidente del Consiglio e il suo governo.

“La sinistra registra una nuova, sonora sconfitta. Un dato solo – afferma Berlusconi – toglie di mezzo ogni discussione: prima di queste elezioni provinciali il Popolo della Libertà governava 5 milioni di persone interessate dal voto. Adesso ne governa ben 21 milioni. Altra cifra: delle 62 province al voto, il Popolo della Libertà ne governava 9, oggi ne governa 34, ovvero più della metà. È in atto un profondo cambiamento della geografia politica del Paese. La sinistra arretra nel Nord, dove perde anche la provincia di Venezia, e subisce una vera disfatta in Lombardia, dove cede anche l’ ultima roccaforte: la provincia di Milano”.

“Prima di questa tornata amministrativa, di 30 comuni capoluogo interessati dal voto il Popolo della Libertà ne governava solo 5, adesso ne ha conquistati 14. Sono state strappate alla sinistra città come Savona, Crotone e Prato, 190 mila abitanti, terza città del centro Italia, bastione rosso ininterrottamente da 63 anni”.

“Cronaca di una morte annunciata”, dice il presidente della Camera Gianfranco Fini, commentando l’ esito del referendum

 Il presidente della Camera legge nel risultato referendario un significato politico assai legato al momento politico attuale: “Sbaglieremmo se dicessimo che oggi non è accaduto nulla, che era tutto prevedibile, spiega Gianfranco Fini. Anzi, la scarsa partecipazione al referendum rappresenta un campanello d’ allarme, un segnale che gli italiani stanno lanciando alle classi dirigenti e che noi dobbiamo cogliere, per mettere in campo le contromisure necessarie per riappassionare gli italiani alla politica”. Di fronte alla dichiarazione, il coordinatore del Pdl Denis Verdini alza le spalle: è solo che “la materia della legge elettorale alla gente interessa poco”.

Il quorum, indispensabile per un quesito abrogativo, non è stato raggiunto, come in molti speravano o temevano e come accade da 14 anni. Mai l’ affluenza è stata così bassa. Per le tre schede da mettere nell’ urna è andata ai seggi una media di poco superiore al 23 per cento di italiani. E poco consola i referendari Mario Segni e Giovanni Guzzetta che, poi, di quella quota insufficiente di italiani oltre l’ 80 per cento si sia orientata per il .

E poiché si trattava di modificare l’ assegnazione del premio di maggioranza, alle liste e non alle coalizioni, il più entusiasta dell’ esito è Pier Ferdinando Casini, gli italiani hanno detto un secco no al bipartitismo.

Naturalmente, difficile che da un esito referendario a così bassa partecipazione si possa trarre come conseguenza una valutazione dei cittadini sull’ attuale legge elettorale, anche se qua e là, trasversalmente nei partiti, c’ è chi solleva il problema. Per ora, tutti sono all’ attacco dell’istituto referendario.

Elezioni 2009. Berlusconi: “Se questa per l’opposizione è una vittoria, noi vogliamo sempre perdere così”

 Nella seconda tornata il Pd ha tenuto soprattutto nelle sue roccaforti del centro – sud, anche se il centrodestra ha confermato la sua avanzata. Berlusconi interviene con ironia: “Una vittoria del Pd? Vogliamo sempre perdere così…”.

“La campagna elettorale – spiega il premier – si è conclusa nel seguente modo: prima delle elezioni amministrative, e relativamente alla popolazione interessata dal voto, il centrodestra rappresentava 5.358.810 cittadini e governava in 9 province. Il centrosinistra rappresentava 27.541.359 cittadini e governava in 50 province. Altre 3 province (Monza – Brianza, Bat e Fermo) erano di nuova istituzione e interessavano 1.280.809 cittadini. Oggi, il quadro si è ribaltato: il centrodestra rappresenta 21.250.592 cittadini e governa in 34 province. Il centrosinistra rappresenta 12.930.386 cittadini e governa in 28 province”.

“Il centrodestra – spiega Berlusconi – ha conquistato 25 province in più ed ha quadruplicato la popolazione rappresentata. Il centrosinistra ha perso 22 province ed ha più che dimezzato la popolazione rappresentata. Se questa per l’ opposizione è una vittoria, noi vogliamo sempre perdere così”. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti parla di una colossale vittoria, mentre il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto la definisce una vittoria inequivocabile.

Scontri a Teheran. Neda, 16 anni, uccisa in strada, diventa il simbolo della protesta

 La forza delle donne di Teheran: le ammazzano, le picchiano, le arrestano ma loro resistono. Neda cade con un solo colpo al cuore, il sangue che sgorga prima dalla bocca poi dalle orecchie e dal naso, gli occhi rovesciati verso il cielo. Le è scivolato il velo dalla testa, le si è aperto l’ abito nero che la ricopriva, rivelando blue jeans e scarpe da ginnastica.

Il video dell’ agonia di questa ragazza di Teheran, vittima dei soldati dell’ esercito iraniano, sta facendo il giro del mondo su YouTube. Ma prima di entrare nel significato di questa morte, vorrei condividere tutto quello che ho trovato sulla ragazza. Per darle intanto un nome, e per capire in che circostanza è morta. In assenza di giornalisti, persino queste semplici informazioni potrebbero andar perse.

Potenti messaggi quelli che ci arrivano dai blog in Iran: Sì, questa è la ragazza persiana colpita a morte da uno sparo, il suo nome è Neda e stava partecipando alla protesta contro Ahmadinejad e l’ intero governo che pretende di essere musulmano mentre non ha alcun rispetto di cosa significhi lavorare per Dio, è davvero il più tirannico dei governi .

Questa è la disperata testimonianza del medico che ha assistito la ragazza nei suoi ultimi momenti; testimonianza subito cancellata, ma ritrovabile come il link sul blog cui è stata inviata: “I Basij hanno sparato e ucciso una giovane donna in Teheran, il 20 giugno mentre protestava. Alle ore 19:05. Posto: Carekar Ave., all’ angolo con la strada Khosravi e la strada Salelhi”.

“La giovane donna era accanto al padre ed è stata sparata da un Basij che si nascondeva sul tetto di una casa civile. Ha avuto una vista perfetta della ragazza, e dunque non avrebbe potuto mancarla. Ha sparato diritto al cuore. Sono un dottore e mi sono precipitato immediatamente a cercare di salvarla. Ma l’ impatto del proiettile è stato così forte che è esploso nel suo petto e la vittima è morta in meno di due minuti. Il video è stato girato da un amico che mi stava accanto. Per favore, fatelo sapere al mondo”.

Silvio Berlusconi rassicura i suoi sulla stabilità del governo e risponde agli attacchi dell’ opposizione

 “Certo che tengo duro”. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, approfitta dei sostenitori che lo attendono davanti alla scuola Dante Alighieri di Milano, dove ha votato, per rassicurare i suoi sulla stabilità del governo e rispondere agli attacchi dell’ opposizione, dopo le indiscrezioni dei giornali sulla sua vita privata.

Schiva le domande dirette sull’ inchiesta di Bari e le feste a Palazzo Grazioli e ai giornalisti che lo attendono all’ uscita del seggio dice: Sapete che oggi non posso parlare, appellandosi al silenzio elettorale. Poi però alla folla non rinuncia e con i suoi sostenitori non si risparmia tra strette di mani, sorrisi, foto ricordo e conversazioni degli argomenti più vari. Dice anche che non venderà Villa Certosa, la sua residenza in Sardegna violata dagli obiettivi di fotografi indiscreti. Ma gli argomenti su cui si spende di più riguardano il Milan, il programma di governo e il presidenzialismo.

A chiederglielo sono proprio i suoi sostenitori. Un gruppo di tifosi gli fa domande sul Milan, su Kakà, Pato e Pirlo. Lui risponde volentieri: “Adesso i prezzi del calcio sono una follia pura, bisogna avere un minimo di senso pratico e di decenza. Io ho intenzione di fare delle cose al riguardo perchè è diventato inammissibile”.

Ad un laureando in giurisprudenza, impiegato di banca, che si fa spazio tra folla, fa una vera e propria lezione di diritto costituzionale sulla riforma presidenzialista: “Su riforme così importanti – spiega – bisogna che la maggioranza del paese sia decisa, non puoi farla con una divisione così assoluta tra una parte e l’ altra”. Qualcuno gli chiede conto del programma di governo e lui ammette che “è tutto da realizzare, ci sono cose impossibili perché abbiamo ricevuto un’ eredità pesante“. Ma in un incontro che si terrà a breve con la squadra dei ministri metteremo giù il programma per il prossimo anno, un programma che rispetterà quello che ho promesso agli elettori .

Estero. Teheran, l’ opposizione torna in piazza e la tensione cresce con il passare dei minuti

 A poche ore dalla richiesta della guida suprema della Rivoluzione islamica iraniana, l’ ayatollah Ali Khamenei, di porre fine alle manifestazioni e di accettare i risultati delle elezioni che hanno visto la riconferma di Mahmoud Ahmadinejad a capo dello Stato, l’ opposizione torna in piazza a Teheran e la tensione cresce con il passare dei minuti.

La polizia antisommossa iraniana sta intervenendo con lacrimogeni, idranti e manganelli per disperdere centinaia di manifestanti filo – Mussavi, radunati davanti all’ Università della capitale iraniana. Molte persone stanno cercando di arrivare sfidando il divieto di manifestare. Secondo alcuni testimoni, lungo il Viale Enghelab, dove la manifestazione sarebbe dovuta sfilare, sono appostati anche agenti armati sui tetti.

Le stesse testimonianze parlano di manifestanti arrivati sul posto avvolti nel sudario bianco, per mostrare di essere pronti a morire da martiri. Dal primo pomeriggio anche il tratto settentrionale del Viale Vali Asr è stato messo praticamente in stato d’ assedio con il dispiegamento di centinaia di agenti antisommossa e molti altri in borghese.

L’ ordine è quello di stroncare sul nascere qualsiasi raduno. Secondo quanto riferito da testimoni oculari, sono circa tremila i manifestanti che si sono riuniti nei pressi della Piazza della rivoluzione, urlando Morte al dittatore e Morte alla dittatura e sfidando la richiesta dell’ ayatollah Ali Khamenei di mettere fine alle proteste.

Estero. Continua la protesta iraniana per le vie di Teheran. Scontri

 In Iran si continua a chiedere l’ annullamento delle elezioni presidenziali, mentre il Consiglio dei guardiani della Costituzione ha convocato per sabato i candidati usciti sconfitti secondo i risultati ufficiali. Dopo aver dato la disponibilità ad un riconteggio dei voti, il supremo organo del Paese ha accettato di analizzare le 646 violazioni segnalate dai tre candidati, Mir Hossein Moussavi, Mehdi Karroubi e Mohsen Rezaei.

Il più votato dei tre, Moussavi, continua a guidare la mobilitazione della piazza e parteciperà personalmente alla nuova iniziativa chiesta ai suoi sostenitori: indossare abiti neri con fascia verde, il colore del candidato moderato, recarsi nella moschea più vicina per ricordare i sette morti della manifestazione di sabato e confluire poi nel centro di Teheran in quella deve essere ricordata come la giornata del lutto.

Centinaia di migliaia di di sostenitori di Mir Hossein Moussavi sono scesi nuovamente in strada ieri a Teheran per manifestare contro i risultati elettorali ufficiali. La maggior parte dei manifestanti è vestita di nero e porta in mano fiori bianchi, dato che Moussavi ha proclamato per oggi una giornata di lutto per i dimostranti uccisi.

preload imagepreload image