“Il risultato elettorale segna una grave e severa sconfitta del Partito socialista. So bene che le vittorie hanno molti padri e molti madri, mentre le sconfitte sono solitamente figlie di nessuno. Questo, però, non è né il mio atteggiamento né il mio comportamento. Delle scelte che abbiamo fatto e delle conseguenze che ne derivano io mi assumo pienamente la responsabilità politica. Per questo motivo, non appena ho appreso l’esito del voto, mi sono dimesso dalla guida del Partito socialista, pur avendo svolto questo ruolo, non come segretario ma come candidato premier.
Continuo a pensare che i socialisti non potevano accettare il diktat di Veltroni salvando qualche posto di parlamentare in cambio di uno scioglimento del nostro partito. Se avessimo imboccato questa strada, avremmo rinunciato alla nostra dignità politica. I più di settantamila nostri iscritti avrebbero interpretato la nostra resa a Veltroni solo come una scelta opportunista. Nella mia esperienza politica ho avuto sempre come bussola quella di mantenere la nostra autonomia. Non piegarsi ai ricatti è la premessa basilare per essere una comunità libera. Questa sconfitta dei socialisti si colloca in una situazione nella quale si è determinato un vero e proprio terremoto politico.
Il dato saliente, sul quale si dovrà riflettere, è la vittoria travolgente di Berlusconi. Il centrodestra ha avuto un voto a valanga che ha dato a Berlusconi un’ampia maggioranza non solo alla Camera, come era prevedibile, ma anche al Senato nel quale la partita si presentava più difficile a causa della legge elettorale in vigore. L’affermazione della Lega, ma anche quella di Di Pietro, mettono in rilievo la politica dell’ondata populistica che ha marcato il voto del 13 aprile. Questa slavina è venuta addosso a tutta l’area del centro sinistra che si è così attestato ad un livello fra i più bassi da quando è entrato in crisi dopo l’‘89 il vecchio sistema politico. La frana più vistosa e consistente è stata subita dalla Sinistra Arcobaleno che ha perso più di otto punti in percentuale rispetto alla somma di voti di Rifondazione comunista, dei Comunisti Italiani, dei Verdi e di quelli – non calcolabili – della Sinistra democratica di Fabio Mussi. Di questa enorme perdita non si è avvantaggiato in misura significativa il Partito democratico. Il voto ci racconta un’Italia, dove i temi della sicurezza, dell’inefficienza della Pubblica Amministrazione e dei servizi sociali, dell’immigrazione e delle tasse sono stati avvertiti come fondamentali. Dobbiamo interrogarci sul perché siano stati Berlusconi e Bossi a interpretare e rappresentare meglio di tutti questo profondo e diffuso disagio sociale. Le famiglie che fanno fatica ad arrivare a fine mese con bilanci assai magri e la precarietà del lavoro giovanile e non avrebbero dovuto avere a riferimento la destra ma la sinistra. È pur vero che la storia del Novecento ci mostra esempi nei quali gravissime crisi economiche e finanziarie hanno avuto uno sbocco a destra e talvolta, autoritario e totalitario. Vi sono, però, altri esempi, come il New Deal roosveltiano nei quali si è aperta una stagione riformista. L’esito della crisi dipende in larga parte, dal comportamento degli attori politici che si fronteggiano.
Se la vittoria del centrodestra ha due nomi, Berlusconi e Bossi, la sconfitta ne ha uno solo: Veltroni. Il cedimento strutturale della sinistra italiana è stato ampiamente perseguito da Veltroni con il solo scopo di bilanciare la vittoria annunciata di Berlusconi con un successo, che non c’è stato, del Partito democratico. Si può affermare, e con più di un fondamento, che Veltroni ha asfaltato la strada del ritorno al potere del Cavaliere. È sua la responsabilità principale di avere messo fine alla maggioranza che sosteneva il Governo Prodi (Mastella sull’onda di un incidente giudiziario ha solo staccato la spina) e di aver aperto le porte alle elezioni anticipate. È sua la responsabilità di non avere neppure tentato di costruire una più ampia coalizione sulla base di un programma riformista e di avere mandato allo sbaraglio tutto il vecchio centro sinistra. È sua la responsabilità di aver non solo accettato ma sostenuto lo stesso modello culturale portato avanti da Berlusconi, cavalcando il populismo contro le istituzioni democratiche e puntando, come il Cavaliere, ad un presidenzialismo irresponsabile senza regole e senza partiti. Di fronte a queste scelte ci aspettiamo una riflessione critica dall’interno del Partito democratico, che vada oltre la solidarietà di facciata, che è stata data finora a Walter Veltroni.
Noi socialisti siamo stati investiti in pieno da questo terremoto che non ha risparmiato nessuno. Non sarà facile risalire la china, ma non è impossibile. In questa nostra campagna elettorale i nostri compagni e le nostre compagne si sono prodigati con generosità e con impegno. Esprimo a tutti un ringraziamento sincero. Le nostre elettrici e i nostri elettori hanno coinciso pressappoco con la nostra comunità politica. Questo è un tesoro di energie dal quale si può e si deve ripartire. È necessario non perdersi d’animo neppure in questa nuova circostanza politicamente drammatica. La nostra reazione deve essere forte ed immediata. Dobbiamo realizzare un profondo rinnovamento dei nostri gruppi dirigenti, realizzare una nostra forte unità, costruire una nuova strategia politica che si collochi in un più ampio processo di ripensamento critico della sinistra e dello stesso Partito democratico.
Per questi scopi vi propongo di convocare per il 7 giugno il Congresso Nazionale del nostro partito. Devono essere, infatti, le nostre iscritte e i nostri iscritti a scegliere un nuovo gruppo dirigente che riesca a portarci fuori da questo stato di gravi difficoltà nel quale non siamo più presenti in Parlamento e non potremo neppure avere – se i dati elettorali del Ps verranno confermati – il rimborso elettorale. Siamo stati, comunque, nel corso della nostra storia temprati dalle difficoltà. Chi pensa che il Ps si disperderà e con esso il patrimonio ideale, morale e politico del socialismo italiano si sbaglia e saremo noi con il nostro impegno a dimostrarlo.
Per quanto mi riguarda non devo che confermare quanto sinora ho detto: continuerò a dare il mio contributo al Partito socialista ma non più con un ruolo di guida politica. Mi auguro – ed anzi ne sono certo – che dal Congresso uscirà un nuovo gruppo dirigente all’altezza della situazione. Su una cosa non ho dubbi: il Partito socialista continuerà a vivere”.
Boselli: il Partito socialista continuerà a vivere
di 19 Aprile 2008 17:04 29 views0