E’ gremito il Palalottomatica per la manifestazione che segna il passaggio del testimone tra Walter Veltroni e Francesco Rutelli nella Capitale. Il sindaco uscente arriva e si siede in prima fila, accanto all’ex primo cittadino e nuovo candidato al Campidoglio Francesco Rutelli. Sui maxischermi scorrono le immagini del viaggio di Veltroni in Africa, immagini della città. Sul palco si alternano gli artisti, Fiorella Mannoia canta ‘La storia siamo noi’, mentre in platea sono seduti diversi esponenti del Pd, a cominciare da Goffredo Bettini, Paolo Gentiloni, Ermete Realacci, Giovanna Melandri. Veltroni parla per quasi un’ora, a braccio, ricorda il lavoro svolto “in questi sette anni da sindaco” ma non solo: il suo intervento è un elogio del ruolo di sindaco, di quel modo di fare politica che lui propone anche per il governo nazionale, della fatica del “ricucire” dopo gli anni delle divisioni e dell’odio.
Il segretario del Pd senza dimenticare che in primavera si voterà anche per il Campidoglio e, quindi, manda un messaggio ben preciso che lancia la candidatura di Rutelli: “Dal ’93 ad oggi abbiamo cambiato la città. Io mi sono potuto avvalere del lavoro che ha fatto Francesco, lui potrà fare altrettanto”. Veltroni rivendica ai governi di centrosinistra la metamorfosi di Roma da “città un po’ sonnacchiosa, la città della pennichella – e io sfido a trovare ormai un romano che fa la pennichella – ad una città in cui la crescita economica è il doppio di quella nazionale”. Veltroni snocciola i dati sul l’incremento del turismo, sull’aumento degli occupati, sulla percentuale di Pil nazionale prodotta a Roma (l’8,7 per cento), ricorda le infrastrutture e le opere realizzate dal ’93 ad oggi, dall’Auditorium al passante a nord-ovest, fino alla nuova Fiera di Roma e all’apertura dei cantieri per la linea C della Metro. Insomma, un bilancio più che positivo ed un lavoro da continuare con Rutelli.
La città non è solo un insieme di mattoni. «Questi minuti – ha detto Veltroni – resteranno per sempre nella mia vita. Vedo molto persone con le quali ho lavorato in questi anni, è un’emozione strana. Il lavoro di questi sette anni è stato collettivo, ciascuno per la sua parte ha fatto qualcosa per la città». E poi, citando Italo Calvino: «La città non è solo un insieme di mattoni, ma soprattutto quella strana e impercettibile cosa che sono le relazioni tra le persone, un filo impercettibile che ha dentro di sé l’amore per la città e la responsabilità». Dopo aver ricordato di aver svolto in questi anni «un grande lavoro di ricucitura» ha ripetuto uno degli slogan del suo settennato: «”Nessuno resti solo”, un’ossessione che mi ha e ci ha accompagnato durante questo lavoro».
Il ricordo delle vite spezzate, la chiusura degli anni di piombo. Un particolare saluto è stato rivolto a chi, in questi anni, ha perso in circostanze drammatiche i propri cari e a «quelle vite spezzate nella più inutile delle guerre»: il ricordo è corso a Valerio Verbano e ai fratelli Mattei, i cui familiari erano presenti in sala. Al Palalottomatica, infatti, c’erano anche Giampaolo Mattei, fratello dei due giovani militanti dell’allora Msi uccisi nel rogo di Primavalle e la signora Zappelli, madre di Valerio Verbano, il giovane di sinistra assassinato a 18 anni il 22 febbraio 1980 da un commando dei Nar. Oltre a loro, la famiglia Sandri e quella di Benedetta Ciaccia. Gabriele Sandri è il tifoso laziale ucciso l’11 novembre scorso all’autogrill di Badia al Pino, vicino Arezzo, mentre Benedetta Ciaccia è la ragazza morta negli attentati a Londra del luglio 2005. Un grande applauso si è levato dalla platea quando Veltroni ha ricordato i viaggi della solidarietà in Africa e quelli della memoria ad Auschwitz, chiedendo di alzarsi agli ex deportati Piero Terracina e Shlomo Venezia, presenti alla kermesse.
«Quando ho chiesto aiuto mi è sempre stato dato. Come quando Totti…». «E voglio dire ancora – ha detto Veltroni – ogni volta che ho chiesto aiuto è stato dato. Come quando Francesco Totti ha dato 600mila euro per gli anziani della nostra città. Si può essere ricchi, ma bisogna avere cuore per fare una cosa del genere».
«Tolgo il cappello, saluto e dico grazie». «L’unica cosa che posso fare, ricordando le parole di Alberto Sordi, è togliermi il cappello portarlo all’altezza del cuore e dire a tutti voi, grazie» ha concluso Veltroni. La platea ha risposto con un lungo applauso in piedi. Veltroni è quindi stato raggiunto sul palco da Rutelli e tra i due c’è stato un lungo abbraccio.
“A France’ se ti andasse…”. Inizia con il retroscena della telefonata ricevuta da Veltroni l’intervento di Francesco Rutelli dal palco del Palalottomatica di Roma, dove il Pd ha organizzato una festa per celebrare il simbolico passaggio di consegne fra i due. Quaranta minuti dedicati alla città di Roma, quelli spesi da Rutelli che ha parlato a circa 6mila spettatori presenti, “occupiamoci di Roma – ha detto Rutelli – è finito l’epoca in cui lo slogan ‘Roma ladrona’ veniva rivolta a questa città. Siamo orgogliosi di essere romani e vogliamo andare avanti con passione e strategia”. Il candidato al Campidoglio ha poi ricordato il lavoro svolto dall’amminitrazione Veltroni dal 2001 ad oggi: “Ringrazio il sindaco Veltroni e lo faccio da cittadino perché il punto nodale, forte e il lascito profondo della sua gestione è stato proprio puntare sulla coesione sociale e sulla crescita della città”. Rutelli ha poi sottolineato come l’attuale sfida al Campidoglio sia “una battaglia non facile. E’ sbagliato dare per acquisito il risultato elettorale”. Quanto al suo impegno, Rutelli ha promesso alla platea presente che “darò tutto il meglio di me per servire questa città. C’è tanto da faticare ma ne vale la pena, perché questa città è la cosa che più amo dopo la mia famiglia”.
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