Si può parlare di grande crisi, con Pil a -3,9% nel 2009, con effetto di trascinamento nullo per il 2010 che così potrebbe chiudere a +0,1% con gli ultimi due trimestri lievemente positivi, ma soprattutto il Pil pro capite che torna indietro al 2001: lo afferma Confcommercio nel suo Rapporto sul Terziario.
“La nostra risulta essere la più ottimistica tra le previsioni in circolazione (il Fondo Monetario e la Commissione Europea dicono -4,4% per il 2009 e, per lo stesso anno, Prometeia indica -4,2%). In ogni caso, se togliamo alla nostra valutazione le variazioni della popolazione residente, nel 2010 avremo un prodotto lordo pro capite inferiore a quello del 2001: in pratica avremo perso dieci anni di crescita economica e, per quanto essa si correli al benessere, avremo subìto, mediamente, una consistente riduzione dei livelli di utilità generati dal consumo su base personale o familiare”.
Il Centro Studi Confcommercio afferma in premessa che questa terza edizione del Rapporto sul Terziario vede la luce mentre siamo tutti impegnati nell’ affannosa ricerca di qualche indizio che possa convincerci che la crisi sia passata. O, meglio, con espressione meno forte ma molto ambigua, che il peggio sia alle spalle.
“In ogni caso, bisogna vedere bene cosa si vuole intendere con simili espressioni. Che il tasso di riduzione del PIL si stia contraendo in valore assoluto – cioè stia passando dal -2,1% congiunturale del quarto trimestre 2008 al -2,4% del primo trimestre del 2009 – non pare proprio una notizia esaltante”. Il Rapporto rileva che “è del tutto evidente che si sta peggio oggi rispetto a due trimestri fa, semplicemente perché il valore assoluto della ricchezza prodotta è minore rispetto ad allora”.
“La previsione che abbiamo formulato in questo Rapporto, prescinde da elementi congiunturali e si basa su alcune ipotesi di contrazione dell’ occupazione nei diversi settori produttivi cui si associa una stagnazione della capacità produttiva installata. In altre parole, gli investimenti, nell’ anno in corso e nel prossimo, saranno appena sufficienti a coprire l’ erosione dell’ efficienza del capitale (quindi pari agli ammortamenti) senza che sia minimamente sviluppata la dotazione di capitale produttivo”.