Il Csm si avvia ad esprimere un parere sostanzialmente negativo nei confronti del reato di clandestinità, contenuto nel ddl sicurezza approvato di recente alla Camera e in via di discussione al Senato.
“La norma – si legge nel parere redatto dalla Sesta Commissione di Palazzo dei Marescialli, relatori i consiglieri Antonio Patrono, Mauro Volpi e Livio Pepino – si presta a una pluralità di osservazioni critiche, che hanno come punto di partenza la constatazione ovvia dell’ eccezionale aggravio che la sua introduzione comporterebbe per l’ attività giudiziaria in generale, in considerazione dell’ imponenza quantitativa del fenomeno dell’ immigrazione irregolare nel nostro Paese, e ruotano attorno al rapporto tra vantaggi e svantaggi che ne deriverebbero”.
Non solo: secondo i consiglieri del Csm, infatti, alcune norme relative al reato di clandestinità andrebbero a confliggere con principi cardine e diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione. Ad esempio il fatto che i pubblici ufficiali abbiano l’ obbligo di denunciare lo straniero presente clandestinamente in Italia comporterebbe il rischio che quest’ ultimo, per timore di essere scoperto, non si avvalga della sanità pubblica o non denunci all’ anagrafe i figli.
“L’ esperienza giudiziaria – si osserva nel parere della Commissione, che oggi sarà al vaglio del plenum del Csm – evidenzia una inevitabile incidenza negativa del nuovo reato in tema di accesso a servizi pubblici essenziali relativi a beni fondamentali tutelati dalla Costituzione da parte degli immigrati non dotati, o non più dotati, di valido titolo di soggiorno”.
Secondo la nuova normativa, infatti, tutti i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l’ obbligo di denuncia in relazione alla cognizione funzionale di un reato procedibile d’ ufficio. Il rischio concreto è quindi – avvertono i consiglieri di Palazzo dei Marescialli – che si possano creare circuiti illegali alternativi che offrano prestazioni non più ottenibili dalle strutture pubbliche.
Dall’ altro lato, le norme sul reato di clandestinità, se approvate così come sono uscite da Montecitorio, darebbero vita al cosiddetto fenomeno dei bambini invisibili. L’ obbligo di esibire il permesso di soggiorno al momento della registrazione del nuovo nato, argomentano i consiglieri del Csm, si pone in contrasto con il diritto della persona minore di età alla propria identità personale e alla cittadinanza, da riconoscersi immediatamente al momento della sua nascita, determinando un’ iniqua condizione del figlio di genitori stranieri non regolari nel nostro territorio.
Di conseguenza lo stesso non solo verrebbe privato della propria identità ma potrebbe essere più facilmente esposto ad azioni volte a falsi riconoscimenti da parte di terzi, per fini illeciti e in violazione della legge sull’adozione.
Poi, il Csm denuncia tutta un’ altra serie di problemi connessi all’ introduzione della nuova fattispecie di reato, problemi che comporterebbero un notevole aggravio per il già saturo sistema giudiziario italiano, senza che esso, di contro, comporti apprezzabili benefici in materia di lotta all’ immigrazione Clandestina. La pena pecuniaria prevista per chi commette il reato, ad esempio, non appare prevedibilmente efficace per chi è spinto a emigrare da condizioni disperate o comunque difficili.
L’ amministrazione della giustizia, per contropartita, verrebbe invece ad essere gravata da pesanti ripercussioni negative sull’ attività non solo del giudice di pace, ma anche degli uffici giudiziari ordinari impegnati nel processo in primo grado e nelle fasi di impugnazione successive, dovendo oltretutto far fronte anche ai nuovi e più impegnativi incombenti derivanti dall’ applicazione di una nuova procedura accelerata contenuta anch’ essa nel disegno di legge, procedura – si legge ancora – “che prevede la presentazione immediata dell’ imputato a giudizio dinanzi al giudice di pace in casi particolari”.
Il Csm, poi, respinge anche l’ attribuzione delle competenze in materia al giudice di pace che, pur dettata evidenti ragioni pratiche, altera gli attuali criteri di ripartizione della competenza tra magistratura professionale e magistratura onoraria e snatura la fisionomia di quest’ ultima.
In conclusione, i consiglieri del Csm tengono a sottolineare la volontà di segnalare al ministro e al Parlamento i problemi che dalla nuova normativa potrebbero derivare, senza che ciò significhi in alcun modo volontà di sostituirsi ad altre istituzioni dello Stato in compiti che solo ad esse appartengono.
Spetta ovviamente al Parlamento e ad esso soltanto – scrivono i consiglieri – operare le scelte normative ritenute più opportune, in particolare, per quanto qui rileva, nell’ambito della politica criminale, ma compete al Consiglio, rappresentativo della magistratura, segnalarne, in spirito di leale collaborazione, le conseguenze sul sistema giudiziario, anche al fine di consentire gli opportuni approfondimenti.