Quale sarà la Milano del 2030? Convegno della Città Organizzato da Assoedilizia e Casa della Carità
Organizzato da Assoedilizia e dalla Fondazione Casa della Carità il primo convegno sul Piano di Governo del Territorio, aperto alla città dei principali attori sulla scena dell’ economia e del sociale. Molti i dubbi.
Tempi lunghi per il Piano di Governo del Territorio di Milano, lo strumento urbanistico che la Giunta Moratti vorrebbe portare all’ approvazione prima delle elezioni dell’ anno prossimo.
A parere di associazioni, mondo sociale e immobiliare, ordini professionali,
urbanisti, docenti universitari, esso nasce con due principali handicap: eccessivo liberismo e assenza di un apparato amministrativo forte capace di governarlo.
Questi e molti altri dubbi sono stati espressi nell’ Incontro sul tema “PGT di Milano. Il territorio ai cittadini” organizzato da Assoedilizia, presieduta da Achille Colombo Clerici, e dalla Fondazione Casa della Carità, presieduta da don Virginio Colmegna.
Riassume Colombo Clerici:
“Il piano di governo del territorio rischia di innescare all’ interno del TUC – tessuto urbano consolidato – processi di trasformazione non prevedibili, né governabili, con gravi distorsioni”.
Infatti, la combinazione dei tre principi innovatori sui quali si fonda la “filosofia di intervento” del Piano (indifferenza delle destinazioni funzionali, acquisibilità illimitata di volumetrie edilizie aggiuntive, attraverso il meccanismo perequativo, contrattazione con l’ amministrazione comunale, basata sulla discrezionalità assoluta dell’ ente pubblico) può dar luogo a modifiche sostanziali della struttura morfologico – funzionale del centro cittadino.
Nè si può obiettare che al dirigismo del piano razionalista tradizionale, si è sostituito il liberismo del determinismo economico. Perché sorge la preoccupazione che quelle scelte “contrattate” rispondano più che a logiche economiche (investimenti in interventi edilizi che siano precise risposte ad esigenze di mercato, in modo tale da risultare produttivi di funzionalità urbana e di reddito) a semplici logiche finanziarie; e cioè risultino determinate da disponibilità finanziarie da collocare sul mercato.
Il che peraltro è avvenuto già da tempo in Milano, dove sono state realizzate, prevalentemente in periferia e quindi fortunatamente con poco danno alla funzionalità urbana, strutture ad uso terziario rimaste inutilizzate per decenni. Occorre dunque introdurre automatismi normativi in grado di trasformare quella discrezionalità assoluta in discrezionalità tecnica. Dal canto suo, don Colmegna mette in primo piano le grandi necessità che vengono dall’ area del disagio abitativo: giovani e immigrati, dalla crisi del ceto medio, dagli anziani – cittadini di oggi – rilevando come il nuovo strumento urbanistico non sia in grado di programmarle di qui al 2030.
Diversi altri interventi si sono soffermati sul fatto che non si ha un’ idea precisa della Milano prossima ventura: basti pensare al fatto che il Piano, in corso d’ opera, ha subito decise modifiche sul numero degli abitanti ipotizzati (prima 1.700.000, poi 1.500.000): e cosa fare, ad esempio, delle cascine, dell’ Ippodromo di San Siro, della cittadella della Giustizia?
Altro capitolo: si è tenuto in adeguato conto che tra pochi anni entreranno in funzione nuove strutture viarie (Pedemontana, Brebemi, Teem) che modificheranno radicalmente il territorio?
E qual è la prospettiva nei confronti di Expo?
Rilevata l’ opportunità di ridurre al minimo il consumo del territorio (decine di migliaia le unità immobiliari non occupate) incentivando il recupero dell’ esistente, viene lanciato l’ allarme sull’ assenza di edilizia popolare “vera” – la cui carenza ha costretto negli ultimi decenni centinaia di migliaia di milanesi ad emigrare verso l’ hinterland con affitti e prezzi meno cari – che consenta di restare a Milano anche a chi la casa non se la può permettere, né con i prezzi del libero mercato né con quelli dell’ housing sociale.
Dubbi inoltre sulle modalità di modifica delle destinazione d’ uso, sulla densificazione, sulla perequazione, “un Piano – è stato detto – fatto da politici e non da tecnici” che, è la cosa più preoccupante, sarà ora approvato sostanzialmente com’ è.
Benito Sicchiero