Adolfo Urso: l’ Italia ha superato le recessione, non ancora la crisi, grazie alla solidità del sistema ed al rigore del governo nei conti pubblici. Respinto l’ assalto della speculazione. Oggi potrebbe esserci anche l’ Italia nella lista dei Paesi pigs (maiali), acronimo con il quale gli anglosassoni, con la tradizionale scarsa eleganza, definiscono le nazioni europee a rischio default: cioè Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna. Se la speculazione internazionale ci ha giudicati un osso troppo duro (a differenza di quanto avvenne nell’ estate 1992, ricordiamo?) nonostante l’ enorme debito pubblico, lo dobbiamo a due fattori: il risparmio delle famiglie e delle imprese e la politica di contenimento dei conti pubblici. Lo ha spiegato Adolfo Urso, viceministro allo Sviluppo economico che, con Cristiana Muscardini, vicepresidente della Commissione internazionale dell’ Unione Europea ed il senatore Giuseppe Valditara, ha incontrato, nella sede milanese di Assoedilizia, esponenti delle organizzazioni nazionali rappresentative delle categorie economiche.
Tema: La crisi e i rapporti con l’ Europa.
Se il debito pubblico del Paese è tra i più alti del mondo, quello delle famiglie e delle imprese è il secondo per virtuosità in Europa. Sommando i tre debiti si ottiene il cosiddetto debito aggregato, che fa testo, e che ci colloca subito dopo la Germania.
Molto meglio, ad esempio, della Gran Bretagna, tanto che questo Paese denuncia uno spread di quasi 7 punti nei titoli di Stato. Una catastrofe se fosse capitato all’ Italia. Attenti però, non siamo ancora fuori dalla crisi economica: per cui ancora stretta sui conti, niente calo delle tasse, anche se urge un maggiore equilibrio (meno su imprese e lavoratori e più sulla finanza), e maggiore competitività del Paese.
Bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto quindi quello offerto agli esponenti di molte organizzazione rappresentative di categorie imprenditoriali (dall’ elettronica alla conceria, dal legno – arredo all’ immobiliare, dalle telecomunicazioni alle calzature all’ acciaio) che hanno lamentato in molti casi la concorrenza sleale dei Paesi emergenti, invocando protezioni.
Ebbene, anche in questo caso si scopre che l’ Italia (che sembra a molti contare ben poco in Europa) ponendosi a capo di cordate formate da altri Paesi è riuscita a far adottare il maggior numero di normative antidumping dell’ Unione Europea: il 25% del totale, proprio a favore dei prodotti e dei produttori italiani.
Sono stati disegnati gli schieramenti che vedono contrapposti i Paesi manifatturieri a quelli di intermediazione (grosso modo nord contro sud con altri Paesi, come la Germania, che produce molto all’ estero e perciò poco favorevole a dazi). In questa ottica bisogna stare attenti a proposte come quella del made in… che cozzerebbero inevitabilmente contro le normative europee dando il via a procedimenti per infrazione.
Comunque, per ottenere risultati ancora migliori, il Paese dovrebbe essere maggiormente sostenuto, nei consessi dell’ Unione, dall’ apporto delle Regioni. E la Lombardia, come ha rilevato il presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici, è in grado, se vuole, di farsi valere: grazie al fatto di avere una economia ed una popolazione superiore a quella di diversi Stati membri.
Una delle conseguenze della recessione è che si stanno modificando obiettivi ed equilibri (si parla, ad esempio, di libero scambio con il Canada); mentre è in atto un processo che dà maggiore peso al Parlamento europeo (rappresentanza dei cittadini) rispetto al peso del Consiglio (rappresentanza dei governi).
La società organizzata avrà quindi possibilità sempre maggiori di influire sui destini dell’ Europa e dei suoi abitanti.
Benito Sicchiero