Dal caso Previti del 2005 alla bocciatura del Lodo Alfano. Così il Quirinale

di isayblog4 31 views0

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La Consulta sul Lodo Alfano continua a suscitare polemiche, subito stoppate dal Quirinale dopo le tensioni con Berlusconi: non sono mai stati stipulati patti su leggi la cui iniziativa, com’ è noto, spetta al Governo, e tantomeno sul superamento del vaglio di costituzionalità affidato alla Consulta.

La nota diramata dalla Presidenza della Repubblica è netta: “Una volta rilevata, da parte del Presidente della Repubblica, la palese incostituzionalità dell’ emendamento blocca processi inserito in Senato nella legge di conversione del decreto 23 maggio 2008 – si legge nella nota -, il Consiglio dei Ministri ritenne di adottare il disegno di legge Alfano in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato. Il Presidente della Repubblica ne autorizzò la presentazione al Parlamento, e successivamente – dopo l’ approvazione da parte delle Camere – promulgò la legge”.

“Tale promulgazione, comunque motivata – prosegue la nota del Quirinale -, non poteva in nessun modo costituire garanzia di giudizio favorevole della Corte in caso di ricorso. Il rispetto dell’ indipendenza della Corte Costituzionale e dei suoi giudici – doveroso per tutti – ha rappresentato una costante linea di condotta per qualsiasi Presidente della Repubblica. La collaborazione tra gli uffici della Presidenza e dei Ministeri competenti è parte di una prassi da lungo tempo consolidata di semplice consultazione e leale cooperazione, che lascia intatta la netta distinzione dei ruoli e delle responsabilità”.

Intanto, da ambienti vicini alla Consulta, trapela che la Corte Costituzionale, nel bocciare il lodo Alfano per violazione del principio di eguaglianza dei cittadini, avrebbe individuato nella propria sentenza n. 451 del 2005 sul caso Previti una strada per stabilire un equilibrio tra le esigenze pubbliche da parte delle alte cariche dello Stato e quelle di un corretto svolgimento di un eventuale processo penale a loro carico.

In quella sentenza, la Corte Costituzionale scrisse esattamente così nel caso un imputato sia anche componente di un ramo del parlamento, il giudice ha l’ onere di programmare il calendario delle udienze in modo da evitare coincidenze con i giorni di riunione degli organi parlamentari.

Sulla base della sentenza di quattro anni fa il conflitto tra esigenze processuali ed extraprocessuali nel caso di alte cariche dello Stato potrebbe essere risolto senza violare il principio di uguaglianza: i processi a Berlusconi, ad esempio, andrebbero avanti, ma i giudici avrebbero l’ obbligo di fissare, d’ intesa con il Presidente del Consiglio, un calendario delle udienze che tenga conto degli impegni istituzionali di Silvio Berlusconi, in modo da evitare coincidenze e non compromettere il diritto di difesa.

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