“Il federalismo fiscale non è affatto un modo sistema per avvantaggiare i più forti: al contrario, è un mezzo virtuoso per il rinnovamento dell’ intero Paese”. Ha detto presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, nella sua relazione al convegno – cenacolo su “L’ attuazione del federalismo fiscale: problemi e prospettive”, organizzato a Santa Margherita di Pula (Cagliari) dal Centro Studi Giuridici per l’ Integrazione Europea “Diritti e Libertà” e dalla Fondazione Europa e Civiltà.
Un cenacolo, appunto, di personalità di primo piano della politica (Formigoni ha dialogato in particolare con i presidenti della Sardegna, Ugo Cappellacci, e della Campania, Antonio Bassolino) e della Magistratura (Vincenzo Carbone, primo presidente della Corte di Cassazione; Antonio Martone, avvocato generale della Corte di Cassazione; Oscar Fiumara, avvocato generale dello Stato, per citare solo alcuni nomi tra i numerosissimi).
Per Formigoni il federalismo deve essere “solidale, unitario ed autentico, cioè anche competitivo”; soprattutto deve dare risultati positivi per il cittadino, perché questo alla fine è quello che conta: maggior trasparenza, più efficienza nei servizi, minori costi, minor carico fiscale.
È il percorso, ha ricordato Formigoni, che le Regioni hanno iniziato nel 2001, portato all’attenzione del Governo nel 2007 e ancora nel 2008: di questo percorso – ha detto il presidente lombardo – la legge delega sul federalismo fiscale è figlia. Una legge che ha il merito, tra l’ altro, di aver sostituito il vecchio criterio della spesa storica con quello del costo standard. “Non si vede perché – ha spiegato Formigoni, facendo un esempio concreto – una sacca di sangue debba costare anche 5 – 10 volte di più in certe zone del Paese rispetto ad altre”.
“Per chi il criterio del costo standard può essere temibile? Non per le Regioni del Sud contrapposte a quelle del Nord, o per le piccole contrapposta alle grandi. È temibile solo per una cattiva amministrazione, dovunque essa si collochi. Infatti il costo standard è un misuratore dell’ efficienza e anche dell’ onestà dell’ azione di governo”.
Per Formigoni dunque è ora necessario applicare sino in fondo il federalismo fiscale. Il suo avvio già dimostra fattori importanti di positività per il Paese: è una riforma a costo zero (nel senso che non introduce ulteriori oneri), abolisce – come detto – il criterio inefficiente della spesa storica e introduce il costo standard delle prestazioni, spinge a comportamenti virtuosi e quindi al superamento del divario tra Nord e Sud, costringe la macchina pubblica a sburocratizzarsi.
Ma è altrettanto urgente “sciogliere alcuni nodi ancora irrisolti: il ridisegno della finanza statale (il criterio del costo standard deve valere anche per lo Stato non solo per gli Enti locali), l’ attribuzione della piena autonomia finanziaria degli enti territoriali, una vera organizzazione della finanza locale su base regionale, una vera efficacia dei sistemi premianti”.
Formigoni ha anche illustrato l’ esperienza lombarda. Questa Regione, esercitando fino in fondo e non da ora tutte le proprie competenze autonome e la logica del federalismo, ha realizzato novità rilevanti nel campo della sanità (centralità del cittadino e libertà di scelta), della scuola e formazione (con la Dote scuola e la Dote lavoro), delle infrastrutture e dei trasporti (con la creazione di società regionali in grado di ridurre costi e tempi di realizzazione delle opere), degli ammortizzatori sociali (con l’introduzione del quoziente familiare), della contrattazione decentrata.