Ora le politiche economiche devono concentrare gli sforzi sul mercato del lavoro, perché secondo l’ Ocse è una vera emorragia occupazionale quella che la crisi economica si sta lasciando alle spalle: una crisi del lavoro con 57 milioni di disoccupati in più nelle economie avanzate per la fine del 2010, di cui oltre un milione in Italia.
L’ ente parigino lancia il suo allarme con il rapporto annuale sul lavoro, pubblicato a pochi giorni dal G20 dei capi di Stato e di governo del 24 – 25 settembre a Pittsburgh. Per la fine del prossimo anno i tassi di disoccupazione raggiungeranno o supereranno il 10 per cento, livelli prossimi a nuovi massimi dal dopoguerra, dice l’ Ocse.
I governi devono evitare che questa ecatombe si trasformi in disoccupazione di lungo termine. Altrettanto allarmanti le previsioni per l’ Italia, dove il peggio della crisi in termini occupazionali deve ancora arrivare. Secondo l’ Ocse si registreranno un milione e centomila disoccupati in più per la fine del 2010, rispetto ai livelli del 2007, con il tasso di disoccupazione che balzerà dal 6,1 al 10,5 per cento. E come se non bastasse i salari in Italia crescono più lentamente rispetto alle altre economie avanzate ed europee, e sono più bassi.
Se per paesi come Usa e Giappone gli aumenti più forti in termini di disoccupati sono già avvenuti o attesi in questa fase, per “altri paesi – si legge nel rapporto – tra cui Francia, Germania e Italia, la maggior parte dell’ aumento deve ancora arrivare. L’ impatto della crisi sul mercato del lavoro italiano è stato fino a oggi moderato rispetto a molti altri paesi, ma secondo l’ Ocse questo è anche legato al fatto che un gran numero di persone ha rinunciato a cercare lavoro, in particolare al Sud, e questi non vengono più calcolati come disoccupati ma come non attivi. Tanto che “la proporzione della popolazione in età lavorativa occupata, che era già la più bassa tra i paesi Ocse dopo Turchia e Ungheria, è caduta di ulteriori 0,9 punti percentuali ed ha raggiunto ora il 57,4 per cento”.
Ma l’ allarme dell’ Ocse riguarda tutte le economie più avanzate. Bisogna “evitare che la crisi del Lavoro crei una lunga ombra, titola l’ editoriale del rapporto. Come nelle precedenti gravi recessioni, le categorie più colpite sono quelle già svantaggiate sul mercato: giovani, immigrati con basse qualifiche, minoranze etniche e tra le varie categorie quelli occupati su lavori atipici o precari”.
Di fronte a questo quadro i governi devono agire rapidamente e con risolutezza, per evitare che la recessione economica si traduca in disoccupazione di lungo termine. “È essenziale che si focalizzino sull’ aiutare coloro che cercano un lavoro nei mesi a venire, ha affermato il segretario generale Angel Gurria. Bisogna creare opportunità di riqualificazione, bisogna sfruttare tutte le nuove tecnologie, servono investimenti sul capitale umano – ha detto, durante una conferenza stampa di presentazione – bisogna fare leva sull’educazione, con percorsi di formazione di lungo termine“.
Ha anche auspicato una risposta politica coordinata a livello internazionale, e chiesto ai paesi avanzati di non dimenticare i paesi poveri e in via di sviluppo. Tornando all’ Italia, sconfortanti sono anche i dati sulle retribuzioni. Secondo l’ Ocse nel biennio 2006 – 2007 hanno segnato un incremento medio annuo in termini reali (tolta la crescita dell’ inflazione) limitato allo 0,1 per cento, contro il più 0,9 per cento che hanno invece registrato per la media dei 30 paesi dell’ area Ocse così come per la media dell’ Unione europea, mentre nell’ area euro hanno segnato un più 0,8 per cento. E questa dinamica di ritardo prosegue fin dal 1995.
In termini assoluti, secondo l’ Ocse il salario annuale medio in Italia calcolato a «parità di potere d’ acquisto» con gli altri paesi ammontava a 29.198 dollari nel 2007, contro 39.701 dollari dell’ area Ocse, 33.551 dollari per l’ Unione europea e 34.978 dollari per l’ area dell’ euro.