Le uniformi color sabbia – offerte dalla Forza multinazionale – sono identiche, ma dal primo luglio i residenti delle città irachene incontreranno per le strade solo le forze di sicurezza locali: oggi infatti l’ Iraq volta pagina con l’ inizio del ritiro delle truppe statunitensi dai principali nuclei urbani, come previsto dall’ accordo per la sicurezza.
Un avvenimento gioioso che il governo del premier Nouri al Maliki ha deciso di festeggiare proclamando il 30 giugno un giorno di vacanza in tutto il Paese. In realtà nelle città resterà un piccolo numero di addestratori e consiglieri militari, mentre il grosso delle truppe (130mila effettivi) verrà trasferito nelle basi e nelle caserme fuori dai nuclei urbani: le forze statunitensi potranno comunque intervenire nelle città su specifica richiesta delle autorità irachene.
Autorità che si dichiarano assai fiduciose nelle capacità delle forze irachene (750mila effettivi tra esercito e polizia) di garantire la sicurezza anche nel convincimento che le milizie ribelli intensificheranno il numero di attentati nel tentativo di minare la fiducia dell’ opinione pubblica nel governo, come dimostrano i recenti attacchi avvenuti a Kirkuk, Nassiriyah o Baghdad e costati la vita ad almeno 150 persone.
Nel complesso tuttavia il livello delle violenze è in netto calo da un anno a questa parte e lo scorso maggio è stato il meno sanguinoso dall’ invasione del 2003 ad oggi: una calma che ha convinto il governo iracheno ad autorizzare la rimozione delle barriere protettive in cemento costruite nella capitale entro il 2010.
Di qui al 2011 – data del definitivo ritiro statunitense – le forze americane, oltre all’ addestramento, offriranno comunque un forte sostegno logistico soprattutto in materia di trasporto aereo, oltre alla consegna di 8.500 humvees; sotto giurisdizione irachena passeranno inoltre gli undicimila detenuti nelle due carceri militari statunitensi.
A gestire la coordinazione fra Baghdad e il comando militare statunitense sarà un Comitato congiunto per le operazioni militari, sotto l’ autorità del Ministero degli Interni iracheno e operativo dal 13 giugno scorso: come ha spiegato il portavoce del Ministero, generale Abdel Karim Khalaf, la tattica sarà quella di effettuare non più operazioni su vasta scala ma rapide e mirate.
Il passaggio dei poteri dovrebbe avvenire in tre fasi distinte: prima il passaggio di consegne tra le forze statunitensi e l’ esercito iracheno; poi, la condivisione della responsabilità di quest’ ultimo con la polizia e infine, a regime, la polizia assumerà l’ intero onere delle operazioni. In un primo periodo infatti il controllo delle città ritenute più a rischio – le provincie sunnite di Al Anbar o Diyala, Mossul o Kirkuk – verrà assunto anche dall’ esercito, mentre nelle zone più calme saranno solo le forze dell’ ordine a pattugliare le strade.
Capitolo a parte merita il controllo delle frontiere, in particolare quella con l’ Iran: l’ esercito iracheno ha creato 700 posti di controllo lungo 3.600 chilometri ma nonostante gli ingenti sforzi di bilancio e di risorse umane il governo di Baghdad potrebbe essere costretto a chiedere l’ assistenza delle forze statunitensi per evitare l’ infiltrazione di gruppi armati.
Quattro soldati americani sono morti ieri in Iraq a seguito delle ferite riportate in uno scontro a fuoco. Lo riferisce la tv panaraba al Jazira con una scritta in sovrimpressione, citando fonti del comando militare Usa. Oggi in Iraq è il giorno della sovranità nazionale, ovvero del ritiro delle truppe statunitensi da tutti i centri abitati iracheni dopo sei anni di occupazione militare.