Il giorno dopo la sentenza Mills, e lo sfogone del premier, il Pdl riparte di slancio dalle leggi che regolano i giudici e i tribunali. Il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, si precipita alla Camera per depositare gli emendamenti del governo al ddl sulle intercettazioni. Il governo di colpo ha fretta. Caliendo arriva convinto che il ddl si voterà la settimana prossima e sa che il risultato è scontato, visto che sarà un voto di fiducia.
Gli emendamenti non apportano grandi sorprese: si ammorbidiscono i vincoli e le sanzioni per i giornalisti e si alleggerisce la formulazione degli indizi di colpevolezza che serviranno per autorizzare un’ intercettazione. L’ unica novità è un sistema di salvaguardia per le conversazioni degli 007. I magistrati dovranno prima chiedere il permesso al presidente del Consiglio. Il Pd grida all’ ennesimo scandalo. Con sorpresa del sottosegretario Caliendo, però, la questione slitterà di un mese o addirittura due.
Nel pieno della riunione, la presidente Giulia Bongiorno viene informata dallo staff di Fini che la Conferenza dei capigruppo ha appena deciso di chiudere la Camera per la campagna elettorale. Insomma, nessuna accelerazione. Anzi. E c’ è persino chi pensa a uno sgambetto dei leghisti. Ma Roberto Cota, il capogruppo, precisa: “Nessun dissidio. Il rinvio è solo tecnico. L’ accordo tra noi è saldo”.
Al Senato, intanto, si procede su un altro ddl firmato da Alfano, quello che modifica il processo penale. Ddl molto articolato. Anche qui, una corsa contro il tempo. Sennonché il senatore Luigi Li Gotti, dipietrista, solleva un caso di prima grandezza: “È in arrivo – dice – una nuova legge ad personam. Silvio Berlusconi, grazie al Lodo Alfano, si è assicurato la non processabilità. Ma non si accontenta”.
Li Gotti sostiene che tra le pieghe del ddl Alfano c’ è un’intrigante modifica all’ articolo 238 – bis della procedura penale. In sintesi: con le regole attuali, una sentenza passata per i tre gradi di giudizio può essere utilizzata in un diverso processo. Con le modifiche proposte dal governo, ciò sarebbe possibile solo nei processi per mafia e terrorismo. “In questo modo – dice ancora Li Gotti – il premier vuole scongiurare la possibilità che nel suo processo, quando verrà portato in giudizio, venga utilizzata, quale prova dei fatti, la sentenza Mills”.
Conferma, sia pure con cautela, il senatore Felice Casson, Pd: “Oggi Berlusconi è protetto dal Lodo Alfano. Tra quattro anni, quando per lui il processo riprenderà, una sentenza definitiva sul caso Mills potrebbe essere molto imbarazzante. In questo senso, la modifica della legge ha un valore ad personam».
“Niente affatto – replica il senatore Piero Longo, Pdl, relatore della legge -, questa storia della legge ad personam è una bufala politica e basta. Premesso che la legge va cambiata per salvaguardare il principio del contraddittorio, e che c’ è una sentenza della Corte Costituzionale in questo senso, oggi esiste solo una sentenza Mills di primo grado. Ci sarà una sentenza definitiva, se fanno le corse contro il tempo, tra un anno e mezzo”.
“Nel frattempo – continua – interverrà la prescrizione. E di certo una prescrizione per Mills non si potrebbe utilizzare in un processo a Silvio Berlusconi. Tecnicamente parlando, le cose che dice Li Gotti non stanno in piedi”. A destra, comunque, tengono molto a questo ddl. C’ è un articolo che sembra tagliato su misura sul caso del giudice Gandus, la bestia nera di Berlusconi.
Dice l’ onorevole Niccolò Ghedini, avvocato del premier: “Il codice consentirebbe già i rimedi, ma visto che la magistratura è restia ad applicare in modo puntuale l’ attuale normativa, bisogna meglio specificare che ogni volta che un giudice abbia manifestato le proprie opinioni di assoluto contrasto politico nei confronti di un determinato soggetto, non lo possa giudicare”.