Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, così si esprime: “È evidente che le dichiarazioni dei redditi di troppi italiani non sono veritiere. Gli ultimi dati diffusi dal ministero dell’ Economia confermano un’ ampia area di evasione. E farebbe ridere, se non fosse tristemente vera, la considerazione che quasi l’ 80 per cento dei redditi Irpef deriva dal lavoro dipendente o dalle pensioni: che fine ha fatto il Paese degli imprenditori, dei lavoratori autonomi, dei professionisti e dei consulenti? Non esiste più”.
Povera Italia, quella in cui solo il 2 per cento dei contribuenti dichiara di aver guadagnato nel 2006 dai 70 mila euro in su. Povera o non, piuttosto, furba? “Oltre che furba, figlia di una cultura deleteria – spiega il direttore generale del Censis -. La politica non interviene con efficacia sull’ evasione perché per il cittadino lo Stato è un’ entità che deve sempre e solo dare: è un meccanismo perverso che non porta da nessuna parte, l’ esatto contrario del ciclo virtuoso secondo cui ai diritti corrispondono dei doveri”.
Ma se è vero che il Paese è invischiato nella mucillagine dell’ evasione fiscale, è altrettanto incontestabile che nessun governo è mai riuscito a risolvere quella che i sindacati definiscono un’ emergenza nazionale. “Tecnicamente non dovrebbe essere così difficile rilevare le evasioni più eclatanti – commenta Roma -. C’ è un paese dove lo 0,9 per cento ha più di 100 mila euro. Basterebbe andare in un qualsiasi porto italiano e rilevare tutte le società attraverso le quali sono state acquistate le super – barche ormeggiate”.
“E poi, prosegue, la tecnologia più moderna nel nostro Paese è proprio quella applicata alle dichiarazioni dei redditi: si manda per via telematica direttamente alle banche…”. Le tecniche per potere accertare l’ evasione esistono eccome, sostiene il professor Roma. “D’ altro canto – aggiunge – non penso che ci sia un Grande Fratello che dica: “Non fate le verifiche”. E allora? Viviamo in un Paese dove la cultura frammentata dell’ economia consente il fatto che molta evasione non si veda. Non mi riferisco evidentemente ai negozi o ai ristoranti: a parte qualche eccezione, nei luoghi dove esiste il controllo del territorio è difficile che non venga data la ricevuta fiscale.
Il problema è altrove: l’ illegalità si annida ad esempio nelle attività professionali e di consulenza. C’ è una diffusa evasione da parte dei ricchi, insomma. Ma esiste anche una massiccia elusione fiscale di cui sono protagonisti i meno abbienti. E su questo fronte, lo Stato si mostra debole. Il ricco si ritiene nel giusto seguendo la filosofia liberista per cui fare i soldi ad ogni costo è un bene. Le categorie più deboli devono essere aiutate perché non arrivano alla quarta settimana: penso al Sud dove esiste sicuramente un’ evasione più diffusa ma che brucia meno risorse, penso all’ economia sommersa di sopravvivenza.
Conclusione, tutti concorrono a far sì che lo Stato, con il gettito fiscale così ridotto, non possa migliorare i servizi per la collettività come gli asili nido, le infrastrutture, la tutela dell’ ambiente, ma privilegi i trasferimenti sugli investimenti. Già, ma almeno i super ricchi, quelli che si nascondono dietro lo striminzito 0,9% dei contribuenti più forti… almeno quelli potrebbero essere stanati. Sono molti più di quanto si pensi – conferma il professor Roma -. Ripeto: esistono numerose attività professionali, di intermediazione, di consulenza, in cui si annida un’ evasione difficile da individuare. La lotta è dura e credo che la politica debba fare uno sforzo in più”.