Stop vaticano alla fabbrica dei figli perfetti. I test prenatali, consigliati ormai a livello di massa alle donne in gravidanza, rischiano di aprire la strada alla selezione dei feti, perciò L’ Osservatore Romano condanna l’ aborto di bambini affetti soprattutto da sindrome di Down. “Nessuno pensa di negare il diritto a conoscere, ma perché far diventare automatico “accertare” la normalità come condizione per “accettare” il figlio?”, si chiede il giornale del Papa. “Semplicemente – avverte ancora – si vorrebbe che non diventasse automatico accertare la normalità come preambolo all’ accettare il figlio, mentre è proprio questo il rischio che si corre”. Un monito che riguarda soprattutto i Paesi occidentali e, in particolare, l’ Italia che si è guadagnata il primato della natalità più tardiva, con una media di quasi cinque bambini ogni cento, partoriti da donne sempre più avanti negli anni.
L’ amniocentesi è diventata quasi la norma. “La diagnosi prenatale – evidenzia il quotidiano vaticano – può servire a curare gravi patologie della madre e del bambino e in questo è un grande successo. Ma oggi al suo interno si fa largo la tendenza a uno screening di massa con ecografie mirate e analisi del sangue per le malattie genetiche fetali, verso le quali al momento non esiste terapia”. Questo, rimarca L’ Osservatore, desta molte perplessità, sia per le conseguenze eugenetiche che se ne possono trarre, sia perché vari studiosi si domandano se l’ accesso a questo esame genetico a tappeto sia realmente libero o frutto di un certo clima culturale. E, incalza la voce della Santa Sede, “bisogna allora domandarsi nella coscienza che non si tratta di un banale esame, ma di un delicato test genetico con implicazioni psicologiche e affettive profonde”. Un quesito che si estende alla società: “L’ esame a tappeto delle caratteristiche genetiche del figlio è davvero una consapevole richiesta delle donne?”.
Paolo Ramonda e Enrico Masini dell’ Associazione Papa Giovanni XXIII puntano l’ indice anche conto l’ orientamento a rendere gratuiti i test diagnostici prenatali anche prima dei 35 anni di età della mamma gestante. “Stiamo scivolando sempre di più verso l’ eugenetica – ammoniscono -. Si tratta di test con l’ unico scopo di valutare la normalità del figlio che sta crescendo in grembo, con la prospettiva di poterlo uccidere con l’ aborto qualora risulti malato o disabile”. I due responsabili dell’ associazione fondata da don Oreste Benzi ricordano che l’ Italia è in cima alla lista di chi fa più indagini prenatali in tutto il globo e aggiungono: “I genitori, convinti inizialmente di agire per il bene del loro figlio, saranno sempre più spinti a fare questi esami costosi per chi li compie e molto remunerativi per chi li esegue. Così, ogni volta in cui si evidenziano anormalità cromosomiche, già oggi vengono sottoposti a un vero terrorismo proponendo loro l’ aborto”.
Ramonda e Masini chiedono pertanto di impiegare i soldi pubblici per garantire più cure ai malati e più diritti ai disabili, e non la loro morte. L’ Istituto scientifico internazionale (Isi) dell’ Università Cattolica di Roma rilancia l’ allerta per i test genetici prenatali, che dovrebbero rientrare nell’ area generale della medicina predittiva, ma in realtà diventano spesso strumenti di selezione dell’ embrione, magari per motivi di pianificazione familiare che nascondono vere e proprie pratiche di eugenetica. La Chiesa punta l’ indice contro l’ enfasi attribuita oggi allo screening prenatale, mentre i test cercano soltanto di determinare quali embrioni hanno già difetti genetici indesiderabili, ma non si chiedono come prevenire tali difetti. Spesso tali test servono alla pianificazione familiare che non è diretta a prevenire né difetti né malattie, ma è spinta solo dal desiderio di avere un bambino o una bambina, quindi tende a individuare la presenza o no del cromosoma “y”.