La Sardegna si prepara ad andare alle urne in anticipo di sei mesi rispetto alla naturale scadenza della XIII legislatura apertasi nel 2004. Il presidente della Regione Renato Soru ha infatti confermato le proprie dimissioni nel lungo dibattito in Consiglio regionale incentrato sulla crisi aperta lo scorso 25 novembre. Per lo scioglimento dell’Assemblea legislativa sarda si dovrà comunque attendere la scadenza dei 30 giorni (il prossimo 25 dicembre) e poi sarà il vicepresidente Carlo Mannoni (attuale assessore dei Lavori Pubblici) a traghettare l’esecutivo alle elezioni di febbraio, data più probaibile 15-16.
«Ho sperato fino all’ultimo – ha detto il Governatore – che ci fosse un segnale positivo da parte di tutti sulla possibilità di andare avanti, utilizzando proficuamente, nell’interesse dei sardi, anche questi pochi mesi che mancano per la scadenza normale. Si poteva concludere un passo importantissimo nell’azione di tutela del territorio che abbiamo portato avanti in questi anni- ha aggiunto, con riferimento alla richiesta di approvare subito la nuova legge urbanistica -. Così non è stato ma questa notte dormirò sereno e domani consegno le chiavi della Regione. Una Regione senza scheletri nell’armadio, senza una tv in ogni stanza ma con più computer. Insomma una regione più moderna, con regole certe e un bilancio risanato». Ridando la parola agli elettori, Soru è il primo presidente in 60 anni di Autonomia della Sardegna che chiude la legislatura anticipatamente.
Ad evitare le urne non è servito il periodo di «raffreddamento» previsto dalla legge Statutaria per ricomporre le divisioni interne al Partito Democratico nell’Isola ed a rinsaldare una maggioranza nata nel 2004 con la coalizione “Sardegna Insieme”. Non sono servite neppure le ultime «verifiche» cercate prima dell’inizio del dibattito in Aula con il tentativo di ricompattare il centrosinistra attraverso la completa adesione alle richieste del presidente dimissionario: adozione dei vincoli paesaggistici nelle zone interne, approvazione delle linee per la Manovra finanziaria 2009, completamento della riforma su istruzione e formazione professionale, riduzione a 80 del numero dei consiglieri, moralizzazione della politica con riduzione di sprechi e indennità aggiuntive dei consiglieri regionali.
L’ultimo appello di Soru in Aula è stato all’insegna della responsabilità e rivolto non solo al centrosinistra, ma anche all’opposizione. La risposta dai banchi della minoranza, però, è stata netta: «Non c’è nulla di interessante che può dirci. Questo è il momento della chiarezza, non delle trattative o delle camarille», ha spiegato il capogruppo di Fi, Giorgio La Spisa, annunciando che il centrodestra non avrebbe nemmeno partecipato alla conferenza dei capigruppo per l’esame della proposta di Soru. A quel punto si è aperto il dibattito, con i consiglieri delle opposizioni che hanno chiesto più volte la conferma delle dimissioni, mentre il centrosinistra ha tentato di convincere il Governatore a recedere dal suo intento. Complessivamente gli iscritti a parlare erano una sessantina e, calcolando 15’ a testa (tempo ridotto rispetto ai 20 previsti dal regolamento) il dibattito sarebbe potuto durare 15 ore. Poco prima delle 22,30, però, Soru ha rotto gli indugi e ha chiesto a Spissu di intervenire, annunciando il sostanziale «tutti a casa».
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