Berlusconi: L’Italia ce la farà

di isayblog4 17 views0

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Intervista del presidente Silvio Berlusconi al quotidiano “Il Messaggero” del 6 dicembre 2008

Presidente Berlusconi, questa è la prima crisi economica che importiamo dall’estero. Cosa può metterci l’Italia di suo per ridurne l’impatto ed evitare una escalation negativa?

“La mia convinzione è che possiamo farcela meglio di altri Paesi. I buoni risultati sono sempre figli di un atteggiamento positivo. Per questo invito gli italiani ad avere fiducia. Il 10 ottobre, per primo, il presidente del Consiglio italiano ha garantito che lo Stato non avrebbe consentito il fallimento di alcuna banca e che nessun risparmiatore avrebbe quindi perso un solo euro dei propri depositi. Questa iniziativa è stata seguita dagli altri Paesi europei, ed anche l’amministrazione americana, che purtroppo aveva assistito inerte al fallimento della Lehman & Brothers e di altre due banche, ha deciso di garantire, con un Fondo di 700 miliardi di dollari, la solidità del sistema bancario degli Stati Uniti. Anche per quanto riguarda il sostegno alle imprese e alle famiglie il nostro governo si è mosso prima degli altri ed ha varato un pacchetto anticrisi, pari a 80 miliardi di euro che nei prossimi anni si trasferiranno dalla mano pubblica all’economia reale, cioè alle famiglie ed alle imprese. Ora tutto dipende dal comportamento di ciascuno di noi, dalla scelta tra due strade: fare propria la canzone del catastrofismo che la sinistra canta ogni giorno, oppure essere positivi e pragmatici e, nei limiti del possibile, conservare lo stile di vita precedente anche nei consumi. In questo modo si eviterà che l’industria debba ridurre la produzione e si veda costretta a mettere in cassa integrazione i dipendenti, con un effetto depressivo ulteriore che rischierebbe di instaurare un circolo vizioso, quello sì preoccupante”.

L’Italia ha dalla sua un indebitamento aggregato, se si considera quello delle famiglie, molto più basso di quello degli Stati Uniti, della Gran Bretagna, dell’Olanda e della Danimarca. Da noi, insomma, è molto inferiore il fenomeno dei cittadini “insolventi”. Come sfruttare questa potenzialità?
“A differenza della maggioranza dei media, che ogni giorno dipinge la realtà economica con eccessi di pessimismo, lei sottolinea un dato positivo per l’Italia, un dato di cui pochi sono informati e che in questo momento è giusto valorizzare. Gli italiani sono un popolo di risparmiatori, di formiche virtuose e non di cicale, e questa virtù conterà non poco nei prossimi mesi, soprattutto se sapremo indirizzare il risparmio verso gli investimenti produttivi. Cosa che il governo sta incoraggiando con ogni atto”.

Non crede sia arrivato il momento di fissare una nuova contabilità dei rating internazionali, calcolandola non solo sulla base del debito pubblico, ma anche di quello complessivo del Paese? Di quello che viene chiamato “debito aggregato”? Un esempio: la Gran Bretagna, che viene considerata molto più virtuosa, nel 2007 ha avuto un debito aggregato del 144% rispetto al Pil, quello degli Usa è stato del 167%, quello dell’Olanda 147% e il nostro del 138%. E questi sono dati che considerano solo i debiti delle famiglie e non quello delle nostre imprese, che sono più virtuose e meno indebitate di quelle degli altri Paesi.
“Sono d’accordo. Nei vertici internazionali si è prospettata la necessità di ridefinire le regole in campo monetario e in quello del commercio internazionale, così come si fece nel 1944 a Bretton Woods. La sede per discuterne potrebbe essere non solo il G8 ma anche il G20, che rappresenta oltre l’80 per cento dell’economia mondiale. Ma non sarà una cosa semplice, né breve. La sua proposta rende giustizia all’Italia. Dal prossimo primo gennaio l’Italia avrà la presidenza del G8, che io per primo ho proposto di allargare ad altri Paesi”.

Tremonti è stato chiaro: ’Nessuna deroga, rispettiamo i vincoli del debito pubblico’. Anche lei garantisce ai risparmiatori italiani che hanno investito in titoli di Stato che non rischiano un solo euro?
“I Bot e i Cct sono oggi tra le migliori forme di investimento nel mondo, le più sicure e garantite. Dico di più: sono un modello a cui si stanno ispirando tutti i Paesi industriali che l’anno prossimo dovranno emettere nuovi bond per rifinanziare le loro banche”.

L’industria manifatturiera è il settore che continua a sostenere la nostra economia, come avviene anche in Germania. Lei pensa che l’Italia possa uscire meglio di altri Paesi dalla crisi, grazie a questa peculiarità strutturale? Se sì, a quali condizioni?
“Certamente. La nostra manifattura eccelle nelle cosiddette “quattro A”: Abbigliamento-moda, Arredo-casa, Automazione-meccanica-plastica, Alimentari-vini. Questi settori hanno saputo ristrutturarsi e stanno conseguendo successi commerciali su tutti i mercati, anche su quelli cinesi e indiani. Solo in quattro comparti della meccanica, nel 2007 l’Italia ha esportato 38 miliardi di euro, cifra pari alle esportazioni di Francia, Gran Bretagna e Spagna messe insieme. Sono dati su cui i catastrofisti della sinistra dovrebbero meditare prima di parlare”.

Uno dei problemi storici dell’Italia è stato lo scarso utilizzo dei fondi europei. Con il decreto anti-crisi è nata la figura del commissario alla opere pubbliche, un po’ sul modello-Bertolaso per vincere la guerra dei rifiuti in Campania. Se la sente di dire che con questa innovazione si abbatteranno i tempi di realizzazione di strade, ponti, tunnel e delle altre infrastrutture? Insomma, ripartirà lo sviluppo?
“È tutto scritto in modo molto chiaro nell’articolo 20 del decreto anticrisi. Stanno per partire 16,6 miliardi di investimenti nelle grandi opere, che dovranno cominciare a colmare ritardi trentennali e rilanciare lo sviluppo. Poiché non c’è un minuto da perdere, i cantieri dovranno essere aperti al più presto. Ogni investimento nelle grandi infrastrutture sarà accompagnato dalla nomina di un commissario che dovrà esercitare quello che abbiamo definito “il potere d’impulso” per la rapida realizzazione dell’opera. Il commissario dovrà monitorare tutti gli atti necessari per l’esecuzione dei lavori, dovrà vigilare sull’espletamento delle procedure, sulla stipula dei contratti e sui finanziamenti, se constaterà un mancato rispetto della tabella di marcia fissata dal governo, potrà affidare i lavori ad un’altra azienda”.

Lei batte molto sul tasto della ripresa dei consumi per fronteggiare la crisi. Quale impatto stima avrà la social-card, la carta d’acquisto per i più poveri? L’opposizione l’ha definita un’elemosina.
“Lo diceva all’inizio, ora ha smesso: la carta acquisti è stata accolta da un alto consenso e la sinistra si è resa conto di avere detto l’ennesima sciocchezza. Per i più poveri, con 40 euro si fa la spesa settimanale al supermercato o si pagano le bollette. Tutte realtà con cui questa sinistra, caviale e champagne, come la chiamano i francesi, ha perso da tempo il contatto”.

Può partire dalla social-card la strategia per disegnare un nuovo welfare, meno assistenziale e più rivolto alla classi deboli?
“È proprio ciò che abbiamo fatto. Per la prima volta, il governo ha indicato dei parametri che individuano l’area della povertà e del disagio sociale, un’area che non ha mai avuto alcuna rappresentanza al tavolo delle parti sociali, un’area che non può certo protestare con lo sciopero. A quest’area il governo ha voluto offrire un sollievo economico. Il governo delle sinistre non aveva né concepito né fatto alcunché di simile”.

Resta il problema del finanziamento degli ammortizzatori sociali. Un tema caro anche a Bossi. Tremonti ha detto che il 2009 sarà l’anno degli ammortizzatori sociali. Come?
“Abbiamo raddoppiato gli importi a disposizione per la cassa integrazione guadagni, ammettendo al beneficio anche i precari”.

Tra meno di due settimane si vota in Abruzzo. Quale peso dà a questo test elettorale, dopo quello di Trento dove ha vinto il centrosinistra?
“Sono stato in Abruzzo per la campagna elettorale e ho trovato dovunque una marea di gente che non vede l’ora di affidare al Popolo della libertà il buon governo della Regione, dopo i disastri della sinistra, che lascia un buco di bilancio preoccupante causato soprattutto dalla pessima gestione della sanità. Il nostro candidato, Gianni Chiodi, molto stimato da tutti per come ha fatto il sindaco di Teramo, è sostenuto da una coalizione di tre partiti, il Popolo della libertà e due liste civiche. La sinistra ha invece rimesso insieme l’Unione di Prodi, con ben sette partiti, seppellendo una volta di più l’ambizione maggioritaria di Veltroni, che qui si è consegnato totalmente a Di Pietro. I sondaggi ci danno in largo vantaggio: gli elettori hanno capito che sapremo governare l’Abruzzo certamente meglio della sinistra”.

Negli ultimi tempi si è discusso di cesarismo…Lei si sente un po’ Cesare?
“Magari! Il presidente del consiglio in Italia ha solo il potere di redigere l’ordine del giorno del Consiglio dei ministri e può esercitare soltanto una “moral suasion” sui ministri. Per questo nella riforma costituzionale del 2005, poi bocciata dal referendum sostenuto dalla sinistra, avevamo inserito oltre alla drastica riduzione del numero dei parlamentari anche il rafforzamento dei poteri del premier per renderli equiparabili a quelli dei suoi colleghi europei. Ma su questo tema, statene certi, torneremo non appena si riaprirà la discussione sulle modifiche costituzionali”.

La vicenda dell’Iva al 20% su Sky si è chiusa con l’Unione europea che ha dato ragione al governo. Ma se lei non fosse stato proprietario di Mediaset, l’Iva poteva essere ridotta per tutti al 10%. Il suo ruolo di premier e di Sua Emittenza finisce per pesare anche sulle sue aziende. Ha in mente di mettere mano al conflitto d’interessi?
“La legge in materia di conflitto d’interessi c’è, ha sempre funzionato e funziona. Vorrei ricordare che l’ha fatta il nostro precedente governo. Quanto alla vicenda dell’Iva sulle pay tv, è servita a stabilire la differenza tra uno statista e la sinistra. Uno statista, in presenza di una crisi economica come questa, toglie un privilegio e adegua l’Iva verso l’alto. La sinistra, invece, voleva conservare il privilegio ad una televisione che considera amica. E l’Unione Europea ha dato pienamente ragione al Governo sancendo questa ennesima figuraccia della sinistra”.

È tornato forte l’allarme per la presenza in Italia di cellule terroristiche islamiche. Cosa fa il governo?
“Lo Stato ha intensificato la vigilanza sul rischio del terrorismo islamico e la nostra “intelligence” sta svolgendo un lavoro superbo. La conferma viene dai recenti arresti in Lombardia. Questa attiva sorveglianza è nostro preciso dovere. Così come a Napoli, con noi lo Stato è ritornato a fare lo Stato”.

Ha detto che vuole modificare il disegno di legge sulle intercettazioni. Come?
“Non ne voglio più parlare se non dopo che sarò riuscito a far approvare il provvedimento almeno in uno dei rami del Parlamento”.

Come si andrà a votare a giugno per le elezioni europee? Con la legge attuale, oppure con lo sbarramento al 5% e niente preferenze come aveva indicato lei?

“Tempo scaduto. Con la nostra proposta, l’Italia avrebbe fatto un altro passo verso il bipartitismo. Veltroni e la sinistra hanno invece riportato indietro la politica verso la frammentazione, verso quel sistema che a partire dagli anni Ottanta ha permesso a una moltitudine di partiti di moltiplicare per otto il debito pubblico e di legare al piede dell’Italia una palla di ferro che ne ha ostacolato e ne ostacola ancora la crescita. Davvero un bel capolavoro!”.

Sul fronte della politica internazionale, forte degli ottimi rapporti con Mosca, ha detto di voler creare un ponte tra Russia e Stati Uniti. È il segnale che la politica estera italiana mitigherà lo storico atlantismo per scegliere una posizione mediana tra Mosca e Washington?
“Non c’è mai stato alcun ripensamento del nostro atlantismo, che rimane basilare nella nostra politica estera, così come il nostro essere Paese fondatore dell’Unione Europea. Chi, come me, ha vissuto per decenni sotto l’incubo di due arsenali nucleari contrapposti non può accettare che questo stato di cose possa ripetersi. Tutto l’Occidente, di cui fa parte anche la Federazione Russa, deve tornare allo spirito dell’Accordo di Pratica di Mare, che chiuse nel 2002 più di 50 anni di guerra fredda, spirito del quale mi sento di rivendicare una parte di merito e al quale non intendo rinunciare”.

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