Essere preso con le mani nel sacco, forse è questo che in mattinata faceva sembrare il premier pronto a fare un passo indietro quando, da Tirana, diceva di non avere nulla in contrario a cambiare la norma del dl anti-crisi che aumenta l’Iva per le pay-tv al 20%.
“Se la sinistra insiste perché si cambi questa norma, – ha detto il presidente del Consiglio durante la conferenza stampa con il suo omologo Sali Berisha – io la prendo in parola e sono assolutamente d’accordo, purché si rispettino le normative europee”.
Ma dopo l’alt di Giulio Tremonti i toni cambiano e paradossalmente la colpa diventa dell’opposizione, dei quotidiani e dei loro vignettisti (!).
“Questa sinistra non ha alcun ritegno e non tiene vergogna. A promettere l’adeguamento dell’Iva sulle pay tv fu Romano Prodi. Questa è la sinistra da vergogna con cui abbiamo a che fare – insiste – se io fossi nei loro panni, me ne andrei a casa, se fossero coerenti andrebbero in Parlamento a dire di portare l’Iva al 10% per tutti ma, visto che non lo sono, non lo faranno”.
Poi è il turno dei direttori dei giornali: “Io Sky la capisco, ha avuto un privilegio, ma non capisco i giornali che invece di chiedersi come mai c’era un rapporto privilegiato nei confronti di Sky attaccano me, che vergogna! Politici e direttori di giornali come La Stampa e il Corriere dovrebbero tutti cambiare mestiere, andarsene a casa”.
Insomma, Berlusconi non riesce proprio a sopportare che ci possa essere un’opinione pubblica libera che possa addirittura non essere d’accordo con le sue decisioni. “E’ veramente incredibile che dopo il suo famoso editto di Sofia
con cui bandì dalla tv Enzo Biagi e Michele Santoro il presidente del Consiglio abbia oggi la faccia tosta di insultare i direttori di due tra i più importanti quotidiani italiani – dichiara il portavoce del PD, Andrea Orlando – Berlusconi è nervoso perché sente di non
essere in grado di gestire il malcontento popolare per la crisi e, purtroppo, ogni giorno che passa mostra sempre di più la sua inadeguatezza a ricoprire la pesante responsabilità che gli è stata affidata”.
Se Tremonti aveva tenuto un profilo quais tecnico l’attacco politico è una specialità del prmeier insomma.
Il ministro dell’Economia per difendersi dalle critiche sottolineava come non ci fossero “alternative all’aumento dell’Iva su Sky poiché incombe una procedura da parte della Commissione Europea”. Il ministro ha sottolineato inoltre come la “differenziazione delle aliquote per lo stesso servizio era al di fuori dell’ordinamento della Commissione” e come la questione sia stata fatta oggetto di una procedura d’infrazione da parte della Commissione Ue secondo cui “se hai un servizio, devi avere un’aliquota unica”.
“E’ stata avviata quindi una procedura sul criterio che se il servizio è uno l’aliquota non può essere diversa”, ha proseguito Tremonti, aggiungendo: “Il termine per evitare le infrazioni scadeva in questi giorni e noi abbiamo dovuto rispettare l’impegno di allineare le aliquote”.
“La Commissione ha ritenuto questa asimmetria fuori dal suo ordinamento” ha aggiunto il ministro, spiegando che invece di allineare tutto al 10% “noi abbiamo scelto di allineare tutti al 20%”.
Gli obblighi europei? Inventati. Ecco la spiegazione, dunque, peccato che non sia quella vera. Secondo il portavoce di Articolo 21, Giuseppe Giulietti non esiste un obbligo imposto dall’Unione Europea per aumentare dal 10 al 20% l’Iva che grava su Sky. “Tremonti peraltro dovrebbe dirla tutta la questione – afferma Giulietti – spiegando che ad adire alla Ue é stata Mediaset con una segnalazione in cui si chiedeva l’eliminazione dell’ aliquota ridotta concessa a Sky. Se poi vogliamo fare gli europeisti e applicare quello che viene richiesto da Bruxelles, allora il governo dovrebbe applicare alla lettera anche le decisioni della Corte di Giustizia Ue in merito alla vicenda di Europa 7″.
Insomma, come spesso accade, tre le due spiegazioni è quelle più semplice a corrispondere a verità. In fondo, il conflitto d’interessi, che per l’ennesima volta invade la vita politica del nostro Paese, è talmente palese che non c’è alcun bisogno di particolari campagne mediatiche. Così si possono interpretare le parole del premier su questo tema. ”Mi pare che Berlusconi – ha detto Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd al Senato, rispondendo ai giornalisti che le chiedevano un commento sulla vicenda – sia in qualche modo costretto a un ripensamento da un’ondata di malcontento che questa misura aveva generato, in ragione anche di un conflitto di interessi che tutta l’italia conosce”.
Quindi, se il presidente del Consiglio ha cambiato idea, non può che trattarsi di un fatto positivo. Ma un doppio cambio d’idea? Una giravolta? “E’ assurdo che il governo scarichi su altri la responsabilità di scelte fatte, al contrario, in piena consapevolezza. Un atteggiamento preoccupante, che conferma la volontà di questo esecutivo di agire con la massima discrezionalità sulle questioni dell’emittenza radiotelevisiva” nota Giovanna Melandri. Il minsitro ombra alla Comunicazione si chiede se non sia troppo “chiedere che la norma sia stralciata dal decreto e fatta oggetto di un sereno confronto in Parlamento?”.
Chissà domani chi sarà pro aumento dell’IVA e chi contro, certo rimane l’impegno del PD a trovare una soluzione condivisa ed efficace, anche se il problema vero, come sottolinea il capogruppo del Partito Democratico in Commissione Trasporti e Telecomunicazioni alla Camera, Michele Meta, è che “non si può affrontare l`adeguamento dell`Iva per le pay tv in un provvedimento di misure urgenti anti crisi. Il nostro Paese, difatti, vive da qualche decennio, ormai, una drammatica situazione di anomalia per il sistema delle televisioni, che ha determinato numerosi interventi da parte della Corte Costituzionale e dell`Unione europea, inevasi fino ad ora”. In effetti, il Governo dopo aver già tentato nello scorso giugno di introdurre un emendamento ‘salva rete 4’ in un decreto di conversione di provvedimenti urgenti in scadenza, ha provato nuovamente a modificare misure che vanno a toccare un intero sistema economico ed industriale come quello televisivo, senza alcuna visione di insieme. “Si porti in Parlamento – propone Meta – una proposta di riforma del sistema radiotelevisivo, e la si discuta senza alcun preconcetto e condizionamento. Credo che, alla vigilia ormai prossima del passaggio al digitale terrestre sia utile al Paese più un percorso di questo tipo che un isolato provvedimento per fare cassa, e per colpire indirettamente gli italiani”.
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