Si è svolta oggi, presso il Residence di Ripetta, la conferenza nazionale del Partito Democratico “Ricostruire la Giustizia” dove sono state lanciate le proposte innovative e realistiche dei democratici per la riforma dell’ordinamento giudiziario “dalla parte di cittadini”.
Le proposte del PD vertono principalmente su due obbiettivi: semplificare e razionalizzare i processi da un lato; certificare i tempi della giustizia e l’effettività del processo e della pena dall’altro.
“Le riforme non si impongono, si cerca di condividerle attribuendo alla fine alla sfera politica la responsabilità di assumere decisioni. E’ un invito che noi facciamo alla maggioranza anche se mi rendo conto che non è tempo di cose razionali ma di isteria, di urla e di contumelie”. Così è intervenuto Walter Veltroni, segretario del Partito Democratico.
“Bisogna decidere – ha continuato il leader del PD – perché una democrazia che non decide è un’assemblea di condominio, ma si deve decidere dopo l’ascolto e avendo cercato il punto di unità massimo possibile”.
“Le riforme – ha dichiarato Veltroni – “non si fanno contro i magistrati o gli avvocati così come la riforma della scuola non si fa contro gli insegnanti ed è per questo che noi abbiamo presentato una proposta organica sulla riforma della giustizia per avviare da oggi un lavoro che nasce dalla volontà di ascolto degli operatori del settore così da arrivare in qualche mese ad un quadro organico di riforma della giustizia, di cui il paese ha enorme bisogno”.
“In Italia la giustizia è negata perché la giustizia lenta è come se fosse una giustizia negata”. Veltroni punta l’indice sul fatto che le regole e i valori da rispettare stanno diventando sempre più labili perchè stanno cambiando le coscienze, oggi bersagliate da nuovi modelli imperanti e da “format televisivi”.
La giustizia deve essere efficiente e dare risposte immediate ai cittadini: “In tutti questi anni – ha concluso Veltroni – si è parlato tanto di giustizia per motivi che ora preferisco non dire. Ma credo che gli interessi personali di un singolo abbiamo impedito di risolvere i problemi della giustizia. I problemi si affrontano partendo dal punto di vista dei cittadini e non di una persona sola”.
“Noi offriamo un bagaglio di proposte alla maggioranza – ha detto nel suo intervento il capogruppo PD al Senato, Anna Finocchiaro – ma diciamo che le norme della Costituzione non si possono toccare, perché vediamo proporre troppi modelli di Costituzione lontano da quello dei nostri padri costituenti e perché nella maggioranza c’è un’idea di riforma costituzionale che non condividiamo”.
“Proponiamo – ha continuato la Finocchiaro – una riforma del processo civile, di quello penale, del Csm e del sistema penitenziario seguendo le direttrici dell’efficienza, dell’affidabilità, dell’imparzialità e della celerità. E puntiamo molto sul processo civile perché dall’efficacia del sistema processuale dipende la competitività di un paese. Noi vorremmo che la giustizia sia tenuta fuori dal furore del contrasto politico, sono anni che diciamo di discutere di giustizia penale e civile perché questo può essere un impulso straordinario e un motore di competitività per tutto il paese”.
“Oggi siamo di fronte ad un presidenzialismo di fatto, il Parlamento non è altro che il luogo in cui eseguire i diktat e per la maggioranza la tripartizione dei poteri è un arnese del passato” ha concluso la Finocchiaro evidenziando come le leggi ordinarie e il Parlamento devono tornare ad essere, rispettivamente, l’iter legislativo principale e il centro del sistema politico italiano.
Al tal proposito il capogruppo PD ha ribadito che “noi non siamo conservatori, né siamo mossi da feticismo costituzionale. Ma in un clima in cui maggioranza e governo pensano di esaurire la funzione della tripartizione dei poteri mettere mano alla Costituzione per la modifica dei poteri giudiziari è quantomeno incauto. Anzi, lo riteniamo profondamente sbagliato. Noi pensiamo ad una riforma nell’alveo della legge ordinaria. Sarebbe oggi necessario ribadire la centralità del Parlamento con una riforma dei regolamenti parlamentari per mettere un freno all’abuso della decretazione d’urgenza e celebrare la tripartizione dei poteri come fondamento del sistema costituzionale. Oggi, invece, con una modifica dei regolamenti la maggioranza può cambiare forma di governo e gli studiosi chiamano tutto questo dittatura della maggioranza”.
Durante il suo intervento, Luciano Violante ha criticato l’attuale funzionamento del Csm, proponendo “una terza componente delineata dal Capo dello Stato”. “Molti provvedimenti di conferimento di incarichi – ha spiegato Violante – sono annullati dai Tar e dal Consiglio di Stato per difetto o insufficienza di motivazione. Le motivazioni, però, sono redatte da magistrati del Csm ed è impensabile che questi magistrati non sappiano motivare. Evidentemente molti provvedimenti, frutto di accordi tra correnti o tra correnti ed esponenti politici, non sono difendibili”.
“Il giudice amministrativo – ha continuato Violante – ha annullato tanto il provvedimento che in un primo tempo bocciava la candidatura del primo presidente della Cassazione poi nominato, quanto il provvedimento che nominava l’avvocato generale dello stato presso la procura generale della Cassazione. Così il vero organo di autogoverno della magistratura rischia di essere il Consiglio di Stato e non il Csm”.
C’è solo un’unica soluzione: “inserire nel Csm una terza componente designata dal Capo dello Stato che paralizzi i patti tra correnti o tra correnti e politica, mortificanti per i magistrati meritevoli,
ma estranei alle correnti e ai partiti”.
Favorevole alle proposte avanzate dal PD è stato Luca Palamara, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, che durante il suo intervento in difesa della ‘figura del magistrato libero in quanto indipendente’ ha dichiarato che “dalla magistratura esigiamo professionalità, alla politica però chiediamo confronto e dibattito ma diciamo no alla denigrazione”.
“Non è possibile – ha ribadito Palamara – quando si parla di riforma, che diminuire l’indipendenza della magistratura sia il prezzo da pagare. Noi diciamo no ad una riforma che tocca la Costituzione, per questo apprezziamo le proposte del PD. Vogliamo che il processo penale funzioni per tutti alla stessa maniera. Basta con inutili formalismi, bisogna recuperare velocità e tempistica. Noi – Associazione nazionale magistrati – non siamo un sindacato che si arrocca, abbiamo avanzato proposte serie”. Poi ha chiosato davanti ai cronisti la posizione del Anm in merito al ddl Alfano della messa in prova per gli incensurati condannati con pene fino a 4 anni: “l’Anm è favorevole all’istituto della messa in prova, ma per i reati con pena edittale fino ai tre anni. Questo, per creare simmetria con l’affidamento ai servizi sociali”.
Della stessa opinione anche Raffaele Cantone, ex pm anti-camorra. “Il limite della pena a 4 anni mi sembra davvero troppo alto. Ma bisogna cominciare a riflettere su misure deflattive perché le carceri italiane stanno scoppiando”.
“E’ evidente – ha aggiunto – che non si può pensare né ad altri indulti, né a eventuali braccialetti. Occorre dosare la pena per evitare un utilizzo indebito di questo sistema. Sarebbe assurdo, infatti, che ne beneficiassero i colletti bianchi o chi ha commesso falso in bilancio”.