«Forse abbiamo sbagliato piazza!» ha esclamato ieri un entusiasta Guglielmo Epifani scorrendo con lo sguardo la moltitudine di persone sotto il palco di piazza del Popolo. Ma forse non ce ne sarebbe stata una abbastanza grande da contenere tutti gli insegnanti, i bidelli, i precari, i segretari, i genitori, gli studenti (di elementari, medie, licei, università) e i tanti altri lavoratori solidali che ieri sono scesi in piazza per contestare le politiche scolastiche del ministro Gelmini.
Circa un milione soltanto a Roma, arrivati da tutta Italia – hanno stimato i sindacati di categoria (Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals-Confsal e Gilda) che hanno promosso la manifestazione di ieri.
Allo sciopero generale la partecipazione è massiccia: se anche il ministero ammette l’adesione di circa il 60% dei lavoratori, non è lontano dalla verità quel 70-80% di scuole chiuse censito dagli organizzatori. Per non parlare di cortei e iniziative che si sono svolte ovunque, da Milano a Palermo passando per Ischia e Capri. Insomma, un successo che neanche la feroce ironia del centrodestra riesce stavolta a scalfire.
Un corteo pacifico, motivato e colorato che ha sfilato da piazza della Repubblica a piazza del Popolo e dal quale, strada facendo, si è staccato lo spezzone studentesco: direzione viale Trastevere.
Nessun incidente, per fortuna. Il massimo della violenza sono state un paio d’uova lanciate contro le forze dell’ordine schierate in assetto anti sommossa davanti al ministero.
Creativi gli slogan («dal 30 ottobre al cinema Parlamento film novità, genere grottesco “la scuola è finita, andate a spasso’»; «taglia, taglia, taglia così la scuola raglia»; «se il futuro è l’ignoranza voi siete troppo avanti»), autarchica la colonna sonora affidata a bande musicali (di conservatori o messe su dagli insegnanti di musica delle medie).
Tanti i politici dell’opposizione in piazza, il Pd al gran completo. Ma chi manifesta non vuole che sull’evento vengano messi cappelli: si è espresso il disagio di chi nella scuola insegna, studia, manda i figli. Ed è per questo che il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, ha preferito rinunciare al comizio. Per la sua parte ha parlato il leader della categoria, Massimo Di Menna: «È la giornata dell’orgoglio di una professione retribuita, ed è una vergogna, con stipendi medi di 1.300 euro al mese» dice dal palco. La protesta di una scuola – ha affermato prima di lui il coordinatore della Gilda Rino Di Meglio – che «meriterebbe un ministro di ben altra caratura culturale». E lo sciopero – ricorda, a distanza, alla contestatissima Gelmini, Francesco Scrima segretario generale della Cisl scuola – «non è un rito ma un’azione concreta di impegno civile dei lavoratori che ci rimettono di tasca loro perdendo un giorno di paga». E lo fanno – ha sottolineato Marco Paolo Nigi dello Snals – contro «una ingiusta e miope manovra che è chiamata riforma della scuola ma ci toglie il futuro».
Il eader di Cisl e Cgil, Bonanni ed Epifani, invece il comizio lo fanno. “Non siamo in un consiglio di amministrazione. Epifani rende merito ai manifestanti: «Voi state segnando una giornata memorabile, non solo per la scuola».
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