Alla Camera la fiducia sul dl sicurezza

di isayblog4 13 views0

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Battute finali, alla Camera, per il decreto sicurezza.
Oggi pomeriggio, a partire dalle 17.15 (le dichiarazioni di voto in diretta tv avranno inizio alle 16.00), si voterà la fiducia, domani in tarda mattinata, invece, la votazione finale.
Il testo dovrà poi tornare al Senato per la conversione in via definitiva prima del 25 luglio.
Il Governo, con una comunicazione del ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ieri ha chiesto il voto di fiducia di Montecitorio per “l’elevato numero degli emendamenti presentati dall’opposizione” su un maxi-emendamento “interamente sostitutivo del disegno di legge di conversione del decreto sicurezza che non apporta modifiche, salvo quelle agli articoli 2 bis e 2 ter”.
La correzione del testo ha infatti cambiato la cosiddetta norma ‘blocca-processi’ che, grazie all’ approvazione del Lodo Alfano e dello scudo penale per le quattro più alte cariche dello Stato, è stata modificato nella cosiddetta ‘slitta-processi’.
Al posto della sospensione, è prevista la semplice facoltà affidata ai magistrati di fissare criteri di rinvio dei processi per reati indultati o che comunque rientrano nell’indulto previsto dalla legge del 31 luglio 2006.

Si tratta del quarto voto di fiducia in tre mesi. E l’esecutivo potrebbe chiedere un altro voto di fiducia a Montecitorio addirittura entro la fine di questa settimana sul maxidecreto che riguarda la manovra economica e che contempla tra l’altro la cosiddetta ‘Robin tax’, la tassa per petrolieri e banchieri.

La scelta di sforbiciare a ripetizione i tempi del dibattito parlamentare ha però effetti sui rapporti con l’opposizione.
Per Walter Veltroni, il dialogo con la maggioranza è sempre più difficile: “Sulle riforme sento Berlusconi dire che vuole farle da solo, sul federalismo fiscale sento Maroni dire che vuol farlo da solo. E allora mi chiedo: di che discutiamo?”.
Secondo Veltroni, dunque, il problema è che la maggioranza ha preso un’altra strada: “All’inizio dal Presidente del Consiglio era venuta una disponibilità che poi è stata stracciata, ma non certo per responsabilità di questa parte politica”. Una scelta che, avverte, rischia di “far precipitare nuovamente il Paese nel passato”.

Più sfumata la posizione dell’ex ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, che ha rilanciato l’ipotesi di una riforma elettorale che ricalchi il sistema tedesco ed eviti la scadenza referendaria fissata per la prossima primavera che renderebbe le nostre norme elettorali ipermaggioritarie.
Nettamente contraria a ogni dialogo con la maggioranza resta la posizione dell’Italia dei valori. “Siamo davanti a un esproprio delle prerogative del Parlamento di cui il Governo si deve assumere la responsabilità”, attacca Massimo Donadi. “L’esecutivo – insiste- parla di dialogo solo quando gli fa comodo ma non lo vuole nelle sedi preposte”. “Noi- prosegue- non intendevamo fare ostruzionismo, avevamo proposto un numero di emendamenti fisiologico per un provvedimento che in larga misura condividiamo ma che contiene alcuni elementi di contrarietà”.
In pratica, sintetizza Donadi, “il sistematico ricorso alla fiducia da parte del Governo Berlusconi è un abuso che questa opposizione è bene non tolleri in silenzio”.
Una tesi, questa, contestata da Alfredo Mantovano, sottosegretario all’Interno, secondo il quale “il Pd fa opposizione a prescindere, avendo presentato oltre mille emendamenti. In queste condizioni – osserva Mantovano – la fiducia è una scelta necessaria”.

E mentre Fabrizio Cicchitto, capogruppo alla Camera del Pdl, ribadisce la contrarietà del proprio partito al sistema elettorale tedesco, arriva il via libera di Pier Ferdinando Casini.
“Da Cicchitto – spiega Casini- è arrivata una chiusura non al 99 ma al 120%. Se la maggioranza è contraria al sistema tedesco, quella di oggi è una discussione accademica”.
“Questo finto bipartitismo – sostiene – non ha ampliato gli spazi della vita democratica. Stiamo assistendo ad un decadimento della qualità della vita democratica con partiti finti, una debolezza del Parlamento e un uso distorto della decretazione d’urgenza che mette in discussione il ruolo del capo dello Stato”. Le riforme non rispondono quindi, secondo l’ex presidente della Camera, solo alla necessità di rendere la democrazia più veloce ma “alla qualità della vita democratica e il presidenzialismo plebiscitario – sottolinea- non è la soluzione”.

Intanto, sempre stamani, a Palazzo Madama, si riuniscono in seduta congiunta le commissioni Affari costituzionali e Giustizia per cominciare l’esame del ‘Lodo Alfano’, già votato dall’assemblea dei deputati la scorsa settimana, che godrà di una corsia preferenziale senza che ciò, a detta di Carlo Vizzini, presidente della Affari costituzionali, possa intralciare la discussione sul pacchetto sicurezza quando approderà a Palazzo Madama.
I due relatori (oltre a Vizzini, il presidente della Giustizia, Filippo Berselli) confidano infatti di riuscire a fare approvare il provvedimento entro la fine di luglio.

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