Cicchitto (PdL): Diciamo no all’uso politico della giustizia

di isayblog4 19 views0

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Il discorso di Fabrizio Cicchitto, capogruppo di Forza Italia/Pdl, pronunciato nel corso del dibattito alla Camera sul lodo Alfano…

“Signor Presidente, visto che finora non l’abbiamo potuto fare in Aula, cogliamo quest’occasione innanzitutto per esprimere la nostra solidarietà al Presidente della Repubblica e al Pontefice per gli insulti dei quali sono stati oggetto durante la manifestazione indetta da una forza politica, l’Italia dei Valori, onorevole Veltroni, che sta in Parlamento per l’alleanza elettorale realizzata con il suo partito. D’altra parte, i primi atti del nostro Governo hanno riguardato l’eliminazione dell’ICI, la detassazione degli straordinari, altri provvedimenti economici sono in discussione, per cui noi ci stiamo misurando con i problemi reali della società italiana, una parte dei quali derivano dall’aggravamento della situazione derivante dagli errori fatti dal precedente Governo.

Onorevole Veltroni, noi non possiamo fare a meno di rilevare che lei e il suo partito non siete fortunati in materia di alleanze. A suo tempo vi siete alleati con Prodi e con altri 12-13 partiti e movimenti, e il Governo al quale avete dato vita è caduto per implosione dopo appena due anni. Per il 13 aprile avete fatto una lista elettorale comune con Di Pietro, ed egli vi ha fatto un duplice scherzo, perché prima è venuto meno all’impegno di realizzare un partito unico e si è costituito in gruppo parlamentare autonomo, e poi ha organizzato quella bella manifestazione di Piazza Navona che dimostra che vi siete alleati con il partito più forcaiolo, più reazionario e anche più volgare del sistema politico italiano (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Misto-Movimento per l’Autonomia e di deputati del Partito Democratico).
L’onorevole Casini l’altro ieri ha detto una cosa significativa, quando ha rilevato che il dibattito che si apriva e che non era puramente sul Regolamento, ma era sul nodo politica-giustizia, aveva un grande rilievo. Questa consapevolezza noi la ritroviamo, e lo riconosciamo, nel voto di astensione dell’UdC e in alcuni interventi fatti da esponenti del loro gruppo, e dall’affermazione della necessità di estendere la tematica che oggi affrontiamo ad un’impostazione più generale, compresa quella della realizzazione dell’articolo 68 della Costituzione, ma non solo quella.

E la prendiamo in parola positivamente, onorevole Casini: non vi è dubbio che sul terreno della giustizia va fatta una operazione globale nel senso di una serie di cose che lei ha enunciato nel suo intervento. Allora noi dobbiamo avere piena consapevolezza del fatto che siamo di fronte ad una questione decisiva per il futuro della legislatura, la cui funzione e caratterizzazione dipende proprio dallo scioglimento di questo nodo, che comincia oggi ad essere affrontato. È venuto il momento di prendere il toro per le corna e fare un’analisi coraggiosa e atti coraggiosi per eliminare della vita politica italiana l’uso politico della giustizia, con il contorno di demonizzazione e di imbarbarimento che lo precede e lo segue. Solo questa assunzione di responsabilità consentirà a tutti – maggioranza e opposizione – di fare di questa legislatura una legislatura costituente: altrimenti, il morto ucciderà il vivo e quello che è successo in questi giorni e quello che è successo dal 1992 ad oggi è destinato a ripetersi, con il pieno imbarbarimento della vita politica italiana .

E allora, però, andiamo al fondo del problema. Per farlo, dobbiamo misurarci con una anomalia storica del nostro Paese, che ha due facce: quella economica e quella politica. Quella economica è costituita dal fatto che, nel nostro Paese, mentre la piccola impresa ha sempre fatto i conti con la concorrenza e con il mercato, non altrettanto si può dire storicamente della grande impresa, che dagli anni Quaranta fino agli anni Novanta ha potuto evitare di fare i conti con una reale logica di mercato. Da ciò è derivato un grande sistema collusivo che ha legato tutti i grandi partiti: la DC, il PSI, i partiti laici, il Partito Comunista, il quale compartecipava anch’esso a quel sistema, a suo modo, con le sue caratteristiche e con i suoi strumenti. Poi, l’adesione al Trattato di Maastricht ha messo fuori gioco il sistema di tangentopoli perché ha provocato l’irruzione della libera concorrenza e del mercato nella nostra economia, spazzando via una parte almeno dei meccanismi collusivi.Ora, il sistema di tangentopoli poteva essere superato consensualmente con una grande operazione insieme etica e politica: non è andata così. È avvenuto invece che alcuni partiti sono stati distrutti, come la DC, il PSI, i partiti laici, mentre altri come il Partito Comunista si sono salvati, anche perché aiutati da un settore della magistratura, e anzi si sono presi tramite esso una rivincita rispetto al crollo del comunismo.

A quel punto, nel 1993-1994, tutta l’area del centro politico è rimasta vuota, senza riferimenti politici: questo spazio è stato riempito da Silvio Berlusconi e da Forza Italia. Non appena Berlusconi è sceso in politica, egli è stato oggetto di un inusitato attacco giudiziario che non è una sua questione privata, ma un drammatico fatto politico e istituzionale: 90 processi, 2500 udienze, 500 magistrati impegnati, 470 perquisizioni, episodi gravissimi come quelli avvenuti nel 1994 con la violazione del segreto istruttorio sul Corriere della Sera e nel 1996 con il caso Ariosto alla vigilia delle elezioni.

Questi episodi e molti altri ancora sono la dimostrazione che si è trattato di un uso sconvolgente della giustizia volto a manipolare il quadro politico e ad influire sui risultati elettorali. Solo una buona dose di mistificazione, di ipocrisia e di disprezzo dello Stato di diritto può liquidare tutto ciò come un fatto personale. Poi, anni dopo, è accaduto che, per la logica insita in un ordine istituzionale che vuole diventare potere, l’uso politico della giustizia ha colpito in altre direzioni. Onorevole D’Alema, quando furono pubblicate le intercettazioni telefoniche sue, dell’onorevole Fassino e del dottor Consorte, e quando è stata ipotizzata la sua incriminazione qui alla Camera, da un magistrato, noi non abbiamo cavalcato la tigre. Anzi, abbiamo denunciato quella che abbiamo sostenuto essere una forzatura. Partendo da quella nostra scelta si poteva costruire qualcosa di nuovo, invece anche quell’occasione è stata persa ed anche in quella vicenda sono emersi due pesi e due misure.

In quell’occasione gli attacchi ai magistrati si sono sprecati e nessuno si è scandalizzato per essi. Purtroppo, spesso siete garantisti a corrente alternata, ma questo, onorevole D’Alema, vuol dire essere riformisti dimezzati e contraddittori! Con il lodo Alfano – e colgo l’occasione per ringraziare il Ministro per il suo impegno e per la sua opera – vogliamo cominciare ad interrompere questo circolo vizioso e allontanare un convitato di pietra che dal 1992 sta devastando la normalità della vita democratica. Onorevole D’Alema, lei ha scritto un bel libro su un «Paese normale», ma la normalità la si conquista eliminando l’anomalia. Solo partendo da lì è possibile essere riformisti non solo a parole e impostare, come è necessario, una serie di riforme costituzionali, regolamentari ed elettorali delle quali vi è assoluta necessità e che vanno affrontate in un confronto serio e serrato fra maggioranza ed opposizione. A proposito della proposta della quale oggi stiamo discutendo, ricordo ciò che ha detto qualche giorno fa in un’intervista l’onorevole Violante: “Nel nostro sistema il pubblico ministero è indipendente dal Governo e l’azione penale è obbligatoria, perciò non trovo scandaloso uno scudo giudiziario per alcune cariche». L’obiettivo deve essere quello di far finire quel pericoloso «spaccio della bestia trionfante» oggi gestito dall’onorevole Di Pietro, del quale poco fa abbiamo sentito la lugubre ed inquietante orazione in lode delle manette. Siamo sicuri che tra qualche tempo, come è avvenuto in tante altre occasioni, dal giudizio sul comunismo e sull’URSS e dalla scelta per la Nato e per l’Europa sino al sostegno per Israele, tra qualche tempo – dicevo – riconoscerete che oggi abbiamo espresso alcune serie ragioni.”

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