Giorgio Napolitano punta l’indice contro quei Governi che hanno utilizzato in questi anni l’Unione Europea come “capro espiatorio per coprire le loro responsabilità e insufficienze”. In fondo, spiega intervenendo agli “stati generali dell’Europa” la responsabilità del voto irlandese che ha bocciato il Trattato di Lisbona. A forza di nascondersi dietro le direttive comunitarie si è creato un “problema di partecipaizone e di consenso dei cittadini” che ha minato il processo di integrazione.
Napolitano giunge al Palazzo dei Congressi di Lione ed è accolto da un piccolo gruppo di ragazzi che sventolano la bandiera irlandese. Sulle magliette verde smeraldo portano la scritta: “Non ignorate il nostro voto”. Sarà un gruppo sparuto, ma di solito le manifestazioni del genere di quella a cui sta prendendo parte una volta vedevano i giovani manifestare perché si spingesse sull’acceleratore dell’unità. Evidentemente è un segno dei tempi.
Napolitano, a bocca calda, dopo il referendum irlandese invitò a procedere senza lasciare che una piccola minoranza numerica organizzata in uno stato bloccasse altre 26 nazioni. Oggi torna sulla questione. “Possiamo ammettere che il Trattato di Lisbona venga travolto dal referendum in Irlanda?”, si chiede “può essere bloccato dal tabù dell’unanimità il necessario cammino verso il rafforzamento dell’Unione?”. La risposta è scontata: “no, lasciare che ciò accada equivarrebbe a mettere a rischio le conquiste del passato”.
Però sia chiara una cosa: “E’ giunto il momento della prova. Se in questa dimensione e con queste regole l’Unione non riesce a funzionare bisogna trovare le forme di impegno più saldo tra i Paesi che si sono riconosciuti nelle scelte più avanzate di integrazione e di coesione come la moneta unica”.
Bisogna però partire dal riconoscere una realtà scomoda. E cioé che “il voto in Irlanda ha drasticamente posto il grande problema del rapporto tra governanti e governati nell’Europa unita, il problema della partecipazione e del consenso dei cittadini”.
Di qui la stoccata a quei “troppi governi nazionali che negli anni scorsi hanno ritenuto di poter gestire in solitudine gli affari europei, poco preoccupandosi di coinvolgere sistematicamente le rispettive opinioni pubbliche e persino i rispettivi parlamenti nelle discussioni e nelle scelte cui erano chiamate le istituzioni dell’Unione”.
“Troppi governi hanno anzi dissimulato le posizioni da esse sostenute in sede europea, chiamando in causa l’Europa e in particolare la Commissione Europea, la ‘burocrazia di Bruxelles’ come capro espiatorio per coprire le loro responsabilità e insufficienze”.
Insomma, “è mancato un discorso di verità nel rapporto con i cittadini, è mancato il segno della convinzione e della volontà politica nell’indicare e motivare l’esigenza di una più forte unità europea nel prospettare le nuove politiche comuni di cui c’è bisogno in Europa”.
Insomma, troppo comodo nascondersi dietro l’Europa per giustificare scelte poco popolari, troppo comodo addossare a Bruxelles responsabilità che invece sono proprie. C’è, però, un altro punto: “Non si può pretendere dai cittadini che si orientino nella trama delle norme di un nuovo Trattato, e addirittura nel labirinto di un collage di emendamenti ai Trattati vigenti come quello concordato a Lisbona”. Quella sì che è roba da burocrati, quello sì che è un testo troppo annacquato e troppo edulcorato per diventare digeribile. E’ inevitabile che si crei “un equivoco, o il timore di una delega in bianco da parte di questi alle istituzioni europee”. Al contrario, quello di cui c’è necessità “è il recupero di un rapporto di fiducia con i cittadini basato su una piena assunzione di responsabilità da parte dei governi e delle forze politiche che rappresentano gli Stati membri dell’Unione”.
“E’ qui il nocciolo della questione della democrazia nel contesto dell’Europa unita”, conclude Napolitano chiedendo un rafforzamento del Parlamento europeo. La democrazia, del resto si basa sul principio dell’assunzione di responsabilita’: dei cittadini al momento del voto, dei governi al momento della decisione.