“Dalla Finanziaria è scomparsa la questione sociale: la difesa del potere d’acquisto di lavoratori e pensionati. C’è un mix di demagogia e misure compassionevoli. In realtà questo governo ha introdotto un meccanismo di concertazione corporativa con alcuni soggetti forti”. Non usa mezze parole il ministro ombra dell’Economia Pier Luigi Bersani per bocciare la manovra varata ieri dal governo Berlusconi.
Un piano triennale, dal 2009 al 2011, da 35 miliardi di euro e “circa cento articoli” per raggiungere nel 2011 “l’ineludibile obiettivo” del pareggio di bilancio. A presentarla così, affiancato dal premier, è stato il ministro del Tesoro Giulio Tremonti, vero padre ideatore della maxi-manovra che, si vanta Tremonti, “è stata approvata in 9 minuti e mezzo”.
Cosa mette in campo il governo per arginare la crisi economica che il Paese sta attraversando, soprattutto dal lato del potere d’acquisto di salari e pensioni? La misura sicuramente più suggestiva è la così detta Robin tax, che già dal nome evoca una sorta di risarcimento per i poveri ai danni dei ricchi. Altre tasse sono state introdotte in alcuni settori particolari, come banche e assicurazioni, per arrivare ad un’entità di circa 4 miliardi di euro.
La manovra, che in un certo senso può essere visto come una sorta di documento di programmazione economica e finanziaria per il prossimo triennio, anticipa quella che sarà la prossima Finanziaria 2009. Una Finanziaria che sarà contraddistinta da una lunga serie di tagli alla spesa pubblica. Troppi tagli, secondo la Cgil. Troppe tasse sui petrolieri, secondo la Confindustria.
“Un colpo al cerchio e quattro alla botte”, sostiene Bersani. “Il governo si è coperto da tanti lati, ci sono tante norme che si muovono nel solco delle misure presentate da Confindustria. Ma c’è tanta – troppa – demagogia”. Un esempio è quello che Tremonti ha fatto sui mutui: “Si è affossata la portabilità – spiega il ministro ombra – che era l’unico meccanismo concorrenziale, mentre l’allungamento del debito non mi pare assolutamente una soluzione. Dove è finito il massimo scoperto bancario? Perché non l’hanno riproposto?”.
Volenti i nolenti, però, si torna sempre alla Robin tax, l’apoteosi del populismo tremontiano messo in campo per convincere i cittadini della bontà della sua azione “risanatrice”. “Faccio notare – dice Bersani – che da quando sono stati fatti gli annunci sulla Robin tax il prezzo alla pompa dei distributori italiani ha raggiunto il massimo del differenziale rispetto ai prezzi degli altri paesi europei”. Un dato che sembra surrogare la tesi del ministro ombra riguardo ai meccanismi di concertazione corporativa. “Hanno fatto lo stesso per le concessioni autostradali, per l’accordo sui mutui predisposto dalle banche. E ancora, sulla vicenda Alitalia di cui non si sente più parlare”.
La manovra non affronta poi “il corpo grosso del problema sociale. Da un anno non parliamo altro che del problema del potere d’acquisto, delle retribuzioni e delle pensioni a fronte del caro-vita. Ma in realtà non si trova in questa manovra nemmeno un accenno di risposta”.
Si passa poi al capitolo tagli. Ingenti quelli previsti dal punto di vista della spesa sociale. Emblematico il caso della sanità. Abbastanza per fare trasalire il presidente dell’Emilia Romagna – e della conferenza delle regioni – Vasco Errani. “Tremonti – sostiene – ha adoperato un metodo del tutto sbagliato in questo confronto: ci riferivano le ipotesi a spizzichi e bocconi, tante volte abbiamo appreso di proposte che riguardano i servizi fondamentali per i cittadini per via assolutamente informale”.
Quanto ai tagli alla sanità, lo spauracchio è il ritorno del ticket ospedaliero. Un’ipotesi esclusa dal governo ma che difficilmente si potrà evitare. “Lo si vuole evitare? Basta solo che il governo garantisca la copertura finanziaria stabilita due anni fa nel Patto per la Salute. Sono 834 milioni di euro che non possono essere recuperati dalla sera alla mattina nei nostri bilanci. Reintrodurre i ticket sanitari è una ipotesi non sostenibile dal punto di vista sociale né finanziario”.