La lettera di Berlusconi infiamma il Senato: Opposizione e magistratura denunciano un attacco

di isayblog4 17 views0

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Gli emendamenti al decreto sulla sicurezza continuano a far discutere e soprattutto continuano a mettere in subbuglio i lavori dell’aula del Senato. Una vera e propria bagarre alimentata oltremodo anche dalla lettura in aula del presidente Renato Schifani di una lettera firmata dal premier Silvio Berlusconi, che torna sulla sua vicenda personale.
Gli emendamenti in questione, che hanno letteralmente sollevato l’opposizione, dato che si tratta di evidenti norme “salva premier” riguardano interventi sulla formazione dei ruoli d’udienza, indicando quali sono i procedimenti di particolare urgenza per il tipo di reati che devono avere priorità rispetto agli altri, e prevedono invece la sospensione degli altri processi penali relativi a fatti commessi fino al 30 giugno 2002 «che si trovino in uno stato compreso tra la fissazione dell’udienza preliminare e la chiusura del dibattimento di primo grado». La sospensione sarà immediata al momento dell’entrata in vigore della legge e durerà un anno. Il corso della prescrizione, durante la sospensione del procedimento o del processo penale, resta sospeso. Nella lettera letta in aula da Schifani Berlusconi spiegava le sue ragioni affermando che l’emendamento è «un provvedimento di legge a favore di tutta la collettività e che consentirà di offrire ai cittadini una risposta forte per i reati più gravi e più recenti»
Emendamenti realizzati e inseriti solo e unicamente per tutelare Silvio Berlusconi ai danni dell’interesse e della sicurezza dei cittadini italiani , in particolare lo metterebbero al riparo nel processo in cui è imputato insieme all’avvocato inglese David Mills, con l’accusa di corruzione di atti giudiziari, che così di fatto verrebbe sospeso.

Il PD è insorto soprattutto quando Schifani ha letto i punti in cui Berlusconi parla di «aggressione» da parte delle «toghe di sinistra». Il presidente del Senato ha tirato dritto e al termine della lettura dai banchi della maggioranza sono arrivati applausi e contestazioni dall’opposizione che dopo l’avvio dei lavori dell’Aula aveva criticato la lettera del presidente del Consiglio denunciando «uno strappo anticostituzionale» e un cambiamento di clima, con una impossibilità di aprire un dialogo tra maggioranza e opposizione.

Anna Finocchiaro, presidente dei senatori PD e il suo vice Luigi Zanda parlano di “norme che il Pd, la giustizia e la democrazia italiana non possono accettare” e, se mantenuti, sarebbero «una pietra tombale» sul dialogo. Quello che accade con gli emendamenti al decreto sulla sicurezza prefigura una «rottura unilaterale» del dialogo e i senatori del PD sono pronti a opporsi agli emendamenti «salva premier» con tutti gli strumenti previsti dal Regolamento di palazzo Madama. Il vice presidente dei senatori del Pd, Luigi Zanda, riconosce fondato l’allarme di chi invoca «un’emergenza democratica”.

Anzi Zanda rileva che “la lettera odierna di Berlusconi spiega in modo spudorato che l’emendamento ha un obiettivo specifico: escludere dal giudizio dei magistrati i comportamenti del Presidente del Consiglio”.
Il senatore del Pd ha anche voluto ricordare alla maggioranza che “nessuno, dall’opposizione, durante il dibattito sulla fiducia ha voluto ricordare quando Berlusconi definì un eroe il mafioso Mangano. Eppure – spiega il vicepresidente del Pd a Palazzo Madama – era un argomento forte che toccava un nervo scoperto del Presidente Berlusconi. Nessuno ha ricordato né il mafioso Mangano né quella dichiarazione di ‘eroismo’ solo per rispetto delle Istituzioni”.
Oggi quelle frasi, come osserva Zanda, e gli avvenimenti odierni si ricongiungono per assumere contorni diversi. “Il provvedimento – conclude Zanda – che ci troviamo ad esaminare oggi è completamente stravolto rispetto a come è nato. C’è bisogno di tempo adeguato una approfondita discussione. Se non sarà concesso – conclude il vicepresidente dei senatori – saremo davanti a un modo di procedere incostituzionale”.

Per il senatore del PD Legnini “il Presidente del Senato Renato Schifani si sta rendendo responsabile di palesi e gravi violazioni del regolamento del Senato pur di arrivare all’approvazione ‘espressa’ del decreto sicurezza con gli emendamenti pro-Berlusconi”.
Legnini spiega che Schifani “ha violato in maniera palese il regolamento del Senato per ben due volte oggi: la prima, quando ha impedito di votare una nuova questione pregiudiziale di costituzionalità basata sugli elementi nuovi, come prescrive l’articolo 93 del regolamento e la seconda, quando ha impedito che tutti i senatori ponessero la questione del non passaggio agli articoli, come prevede l’articolo 96 del regolamento”.
Decisioni tanto più gravi osserva il senatore del PD “se si considera l’enormità delle due questioni introdotte tardivamente nel decreto legge sulla sicurezza: da un
lato la sospensione dei processi tra cui quello Berlusconi-Mills, dall’altro l’utilizzo dell’esercito per l’ordine pubblico. Si tratta di una forzatura istituzionale che non possiamo accettare, specie alla luce della lettera del Presidente del Consiglio al Senato, il cui contenuto consideriamo abnorme”.

“Se quelle norme fossero state contenute nel decreto fin dall’inizio, non l’avrei firmato” sono le parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano indignatosi per questo scacco realizzato dalla maggioranza. per “congelare” alcuni processi tra cui quelli riguardanti il presidente del consiglio. Napolitano ovviamente stà meditando di non dare l’avvallo del Quirinale. Il presidente sta anche studiando le possibili soluzioni per evitare che le norme “salva-premier” diventino effettive. Ha incaricato gli uffici giuridici di valutare varie possibilità. Anche quella di controfirmare “in parte” il provvedimento. Un rinvio “parziale” alle Camere. Una strada, però, difficilmente praticabile. In campo potrebbe esserci anche la “bocciatura” integrale del testo. Una “extrema ratio” che Napolitano non scarta ma di cui coglie le controindicazioni: equivarrebbe a far saltare tutte le misure contro la criminalità e rimettere in libertà i tanti malviventi chi si trovano in carcere grazie alle aggravanti inserite nel decreto.

Intanto Berlusconi non perde tempo: ha fatto depositare nella cancelleria della quinta sezione della Corte d’Appello di Milano l’istanza con cui ha ricusato il presidente della decima sezione del Tribunale di Milano, Nicoletta Gandus. La ricusazione riguarda proprio il processo in cui il premier è imputato per corruzione in atti giudiziari con l’avvocato inglese David Mills. Nell’istanza di ricusazione del giudice si legge che da parte del presidente della decima sezione del Tribunale di Milano, Nicoletta Gandus, sarebbero state fatte «reiterate manifestazioni di pensiero» che «appalesano» una «inimicizia grave nei confronti dell’imputato Berlusconi».

Immediate le repliche del Pm di Milano che in una nota della Procura respinge le illazioni. Il procuratore della Repubblica di Milano, Manlio Minale, «deve con forza respingere» le «illazioni» dopo aver letto «così come riportato sulla stampa» il testo della lettera di Silvio Berlusconi al presidente del Senato, Renato Schifani, in cui si parla di «stupefacente tentativo di un sostituto procuratore milanese di utilizzare la giustizia a fini mediatici e politici» nel processo Mills-Berlusconi

Solidarietà è stata immediatamente espressa dall’Associazione Nazionale Magistrati “ai magistrati oggetto di invettive tanto veementi quanto ingiustificate”. Nel comunicato si legge: “In uno Stato democratico ogni imputato può difendersi con tutti gli strumenti del diritto e con la critica pubblica; ma chi governa il paese non può denigrare e delegittimare i giudici e l’istituzione giudiziaria quando è in discussione la sua posizione personale.
Purtroppo è già accaduto in passato.
Ma non è possibile assuefarsi.
Questi comportamenti rischiano infatti di minare alla radice la credibilità delle istituzioni e di compromettere il delicato equilibrio tra funzioni e poteri dello Stato democratico di diritto.
Chiediamo alla politica ed al governo di non imboccare questa strada, di rispettare l’indipendente esercizio della giurisdizione nello spirito di un confronto sui temi della giustizia franco ed aperto e perciò capace di individuare proposte e soluzioni efficaci per il funzionamento della giustizia italiana”.

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