Dopo le prime indiscrezioni, la certezza: l’Irlanda boccia con il 56% di voti contrari il referendum sul Trattato di Lisbona, versione “alleggerita” della Costituzione europea già respinta nel 2005 da francesi e olandesi.
Il no ha vinto nella maggioranza delle contee.
Il che significa che, mancando l’unanimità, il documento non potrà entrare in vigore nonostante gli altri 26 Paesi dell’Unione europea l’abbiano approvato o si apprestino a farlo.
“Hanno vinto i no – ha dichiarato il ministro irlandese Dermot Ahern “Una vittoria per la democrazia”, ha gioito Declan Ganley, l’uomo d’affari fondatore del gruppo Libertas che ha guidato la campagna contro il Trattato.
“Il popolo irlandese ha mostrato coraggio e saggezza e ha mandato un messaggio forte al primo ministro Brian Cowen, che ora deve andare a Bruxelles e riferire il messaggio degli irlandesi, che vogliono democrazia e responsabilità per l’Ue”.
“Il Trattato è ancora vivo, non è morto”, ha commentato il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso. “La Commissione europea ha fatto quello che doveva e quello che poteva” ha detto il portavoce dell’esecutivo, Johannes Laitenberger. “La ratifica non è una cosa che devono fare le istituzioni europee bensì gli Stati membri”.
E visto che non sembra valida l’ipotesi che la ratifica irlandese possa avvenire per via parlamentare, la possibilità più concreta è che riprenda il negoziato come accadde nel 2005 dopo la bocciatura della Costituzione con il referendum di Francia e Olanda.
“C’è una responsabilità congiunta di tutti i Paesi per fare fronte alla situazione”, ha detto ancora Barroso, sottolineando che il processo di ratifica delle altre nazioni deve comunque proseguire.
Ed anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha osservato: “Le ratifiche devono continuare fino a raggiungere la soglia dei quattro quinti. Non si può neppure immaginare di ripartire da zero”.
“E’ l’ora di una scelta coraggiosa da parte di quanti vogliono dare coerente sviluppo alla costruzione europea, lasciandone fuori chi – nonostante impegni solennemente sottoscritti – minaccia di bloccarli”, ha inoltre aggiunto Napolitano.
“Non si può pensare che la decisione di poco più della metà degli elettori di un Paese che rappresenta meno dell’1% della popolazione dell’Unione possa arrestare l’indispensabile, e oramai non più procrastinabile, processo di riforma”.
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