Il giorno dopo l’annuncio del Presidente del consiglio Silvio Berlusconi sul prossimo varo da parte del governo di un divieto delle intercettazioni telefoniche, scende in campo l’ Associazione nazionale magistrati definendo lo strumento delle intercettazioni “indispensabile” nella lotta al crimine.
“Occorre prevedere una selezione del materiale necessario per il processo e l’eliminazione di quello che non serve”, ha detto Giuseppe Cascini, segretario dell’Anm.
“Noi – ha spiegato – riteniamo che i fatti relativi alla vita privata degli indagati e delle persone estranee alle indagini, le cui conversazioni siano casualmente captate, non possano e non debbano essere divulgati o pubblicati”.
Per questo, il sindacato delle toghe chiede che il legislatore intervenga per tutelare la privacy e propone l’eliminazione dal fascicolo di tutto ciò che non è strettamente inerente al procedimento prima del deposito degli atti.
Le toghe riconoscono quindi che le “intercettazioni sono uno strumento investigativo invasivo che, per la sua natura non selettiva, può introdurre nel processo anche notizie e informazioni non rilevanti per le indagini”.
Tuttavia, le intercettazione restano, secondo i magistrati, uno “strumento investigativo indispensabile e irrinunciabile per il contrasto alle forme più insidiose di criminalità”. Rinunciarci “per gli omicidi, i sequestri di persona, il riciclaggio, la corruzione, la criminalità economica, l’usura, la pedofilia, significherebbe ridurre fortemente l’azione di contrasto del crimine”.
Il progetto del governo viene bocciato anche dal Pd. “Berlusconi perde il pelo ma non il vizio – accusa il ministro della Giustizia del governo ombra del Pd Lanfranco Tenaglia – . Ridurre la possibilità di effettuare intercettazioni solo a determinati reati impedirà alla polizia e alla magistratura di scoprirne e perseguirne altri non meno gravi come le rapine, le concussioni, le corruzioni, le truffe ai danni dello Stato”.
Una netta presa di posizione contro la stretta sulle intercettazioni arriva inoltre da Antonio Di Pietro che definisce la proposta di Berlusconi “un progetto criminogeno” e promette un’opposizione dura “dentro e fuori il Parlamento”, anche facendo ricorso al referendum. Anche perché, ha spiegato Di Pietro, “con quella legge lì Mani Pulite sarebbe nata e subito morta”.
Di un governo che “ci sta abituando alla politica degli annunci a cui spesso anziché i fatti seguono le smentite” ha parlato Michele Vietti, vicepresidente del gruppo Udc alla Camera, spiegando che “sulle intercettazioni telefoniche sono stati fatti molti abusi, che vanno evitati, ma non si può rinunciare del tutto a questo strumento di indagine”.
“Nella scorsa legislatura – ha continuato- la Camera aveva approvato a larga maggioranza una proposta equilibrata, che non minaccia la galera per tutti . Consiglieremmo al Governo di ripartire di lì”.
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