Cinque ore di discussione: tanto è durata, nella sede nazionale, la segreteria più difficile di Rifondazione comunista, convocata già lunedì sera quando la dimensione del disastro elettorale era ormai evidente. Facce scure e volti tirati di chi non ha dormito. Lo tsunami che ha spazzato via la Sinistra arcobaleno, una tragedia umana oltre che politica, ha conseguenze immediate: la convocazione urgente degli organismi dirigenti (direzione venerdì e comitato politico sabato e domenica), e congresso anticipato a luglio.
Sul tavolo numeri impietosi: 3,2% al Senato; 3,1% alla Camera. Cioè zero senatori e zero deputati: tre milioni di voti spariti nel nulla. Ma non è solo (si fa per dire) questo. E’ che il disastro è omogeneo, da Nord a Sud; non si è salvata, praticamente, nessuna roccaforte rossa, né vecchia né nuova, né piccola, né grande. Anche se, va detto, il voto locale (comuni e province) sta restituendo una fotografia meno drammatica. Una debacle tale da suscitare, a destra e a sinistra, reazioni di stupore e preoccupazione per l’assenza dal parlamento di un forza “estrema”. Goffredo Bettini, braccio destro di Veltroni, sostiene che «il fatto che la sinistra non sia in Parlamento non è positivo per la dialettica democratica. Un pezzo dell’Italia non è rappresentata e questo è un problema» (davvero curioso che lo dica lui); c’è persino chi evoca scenari di nuovo terrorismo. Ma intanto la Lega può vantarsi di essere «il partito nuovo dei lavoratori».
C’è di che discutere: colpa del voto utile? Della partecipazione al governo Prodi? Il segretario Franco Giordano non ha dubbi: le cause della sconfitta sono principalmente due, «la morsa bipolare» e, soprattutto, «il prezzo altissimo pagato al governo Prodi» che si è rivelato «impermeabile» alle nostre istanze. Per non dire «delle resistenze» che sono venute dal Partito democratico. C’è spazio anche per stigmatizzare il «processo di americanizzazione» della politica italiana da parte di un Pd che però non ha sfondato al centro, né scalfito il dominio della Lega e di Berlusconi.
Ma il tema della discussione, a viale del Policlinico, ieri era un altro: e ora? Sarà anche vero che «anche i comunisti sono capaci di discutere civilmente» (è l’unico commentato fatto da Paolo Ferrero), ma il gruppo dirigente è ormai diviso a metà e lo scontro è stato acceso. «Abbiamo avviato una discussione – spiega “neutro” Giordano – e vogliamo che sia collettiva, aperta anche alle altre forze della Sinistra arcobaleno». Allo scopo si individueranno anche momenti ad hoc. Non ci saranno dimissioni – chieste a gran voce dal deputato uscente Ramon Mantovani, ma su cui si è dibattuto a lungo anche nella riunione della segreteria – anche se, assicura Giordano, «c’è bisogno di un bagno di umiltà: l’intero gruppo dirigente si metterà in discussione». Per altro la richiesta di dimissioni potrebbe essere avanzata nel prossimo Cpn. Giordano, tentato di lasciare, è rimasto al suo posto convinto da Bertinotti, il quale, come per altro aveva già annunciato, invece si è dimesso dal ruolo di leader dell’Arcobaleno: «A lui, che è un protagonista importante nella sinistra italiana – afferma Giordano – va tutta la nostra solidarietà».
Nel gruppo dirigente si vanno delineando, in modo netto, linee diverse su come uscire dall’impasse. Linee che, alla luce del risultato elettorale e col congresso alle porte, fatalmente si radicalizzeranno, tanto che nessuno più dubita che le mozioni saranno almeno due. Da una parte c’è la posizione di Giordano: insistere sulla strada di un partito unico della sinistra, sulla fase costituente con chi ci sta. «E’ necessario trovare una modalità di aggregazione delle forze di sinistra – spiega il segretario del Prc – persino coinvolgendo quei singoli che hanno votato per il Pd», convinti di frenare la riscossa di Berlusconi. Secondo Giordano, anche se il Pdci ha deciso di sottrarsi, il «processo dell’unità a sinistra è irreversibile». Solo che «va radicato nel territorio, va costruito nei luoghi di lavoro; insomma, va riempito, va reso denso». Viceversa, tornare «a quello che eravamo prima», significa non reggere la sfida». D’accordo con lui Gennaro Migliore e Alfonso Gianni: «Il progetto della Sinistra unitaria vuole riaffermare la presenza della sinistra nel Paese – dice il primo – Rifondazione può e deve mettersi al servizio di questo progetto, che va oltre la discussione interna, e che invece deve parlare direttamente a tutta la società italiana»; «Dobbiamo pensare ad un percorso – concorda il secondo – da iniziarsi subito, di rifondazione della sinistra, nel quale le forze partitiche superino le loro specifiche forme organizzate ed alla quale concorrano le esperienze e i protagonismi della sinistra diffusa nel nostro territorio».
Dall’altra parte la linea che fa capo a Paolo Ferrero e a Giovanni Russo Spena, contraria al partito unico e allo scioglimento del Prc. Bisogna «partire dal conflitto sociale», spiega Russo Spena, il quale pensa ad «un soggetto unitario e plurale», anzi «un coordinamento delle diverse realtà e soggettività, con due portavoce, un uomo e una donna», anche prevedendo un «doppio tesseramento». Insomma, sul «modello della Sinistra europea» con l’obiettivo di costruire «una sinistra di ispirazione sociale». E se Roberta Fantozzi, Imma Barbarossa e Loredana Fraleone sottolineano che «non si può prescindere da un rafforzamento di Rifondazione», Russo Spena invita a schivare i due pericoli: il «”ridateci la falce e martello”, errore ideologico e “sciogliamo tutti i partiti e andiamo al partito unico” errore politicista. Per altro senza il Pdci, e magari i Verdi, non capirei cosa voglia dire partito unico». Nell’immediato, siccome non si deve «sostituire un leader sconfitto con un altro leader», Russo Spena si augura che sia «il segretario a prendere la guida del percorso» verso una sinistra unitaria e plurale. Se, invece, «la discussione sarà da un lato il partito unico e dall’altro un percorso più articolato, io sicuramente scriverò una mozione per il percorso più articolato».
E’ convocata per sabato 19 aprile alle ore 17.00 la riunione del Cpn al Centro Frentani, Via dei Frentani 4, Roma. I lavori proseguiranno nella giornata di domenica con inizio alle 9.30